Pellegrino Artusi e la Torta di patate e la Torta Milanese. Metti una sera all'osteria fra 'ligera e lòcch' della mala milanese davanti ad una Torta milanese, come se la spartivano?
Tra due compari il metodo per suddividere in maniera equa (metà ciascuno) facendo in modo che non nasca la rissa se uno ha avuta la metà più piccola è il cosiddetto metodo io taglio, tu scegli. Chi ha il compito di tagliare, dovrà farlo nel modo più equo possibile. Altrimenti avrà la parte più piccola della torta, visto che gli toccherà ciò che sarà stato scartato da chi sceglie. Ma spartirsi equamente la torta se si è in numero superiore a due diventa più complicato. Potrebbe essere chi taglia sceglie per ultimo. E' lo stesso principio della soluzione a 2 persone, infatti, la persona munita di coltello dovrà mantenersi quanto più equa possibile, per garantirsi che la fetta scartata dagli altri, e dunque la sua, sia esattamente uguale a tutte le altre. Ma il ligera che sceglie per primo può essere avvantaggiato anche se la strategia ottimale prevede il taglio di fette tutte identiche. Ma poi entrano in ballo anche le diverse misure di interesse, nel caso della Torta milanese non dovrebbero esserci problemi in quanto trattasi di un impasto omogeneo ma se invece parliamo di altri tipi di torte ecco che le fette possono essere assolutamente di tipi e qualità differenti, tanto da poter facilmente scatenare la rissa........
Tra due compari il metodo per suddividere in maniera equa (metà ciascuno) facendo in modo che non nasca la rissa se uno ha avuta la metà più piccola è il cosiddetto metodo io taglio, tu scegli. Chi ha il compito di tagliare, dovrà farlo nel modo più equo possibile. Altrimenti avrà la parte più piccola della torta, visto che gli toccherà ciò che sarà stato scartato da chi sceglie. Ma spartirsi equamente la torta se si è in numero superiore a due diventa più complicato. Potrebbe essere chi taglia sceglie per ultimo. E' lo stesso principio della soluzione a 2 persone, infatti, la persona munita di coltello dovrà mantenersi quanto più equa possibile, per garantirsi che la fetta scartata dagli altri, e dunque la sua, sia esattamente uguale a tutte le altre. Ma il ligera che sceglie per primo può essere avvantaggiato anche se la strategia ottimale prevede il taglio di fette tutte identiche. Ma poi entrano in ballo anche le diverse misure di interesse, nel caso della Torta milanese non dovrebbero esserci problemi in quanto trattasi di un impasto omogeneo ma se invece parliamo di altri tipi di torte ecco che le fette possono essere assolutamente di tipi e qualità differenti, tanto da poter facilmente scatenare la rissa........
640 TORTA DI ZUCCA GIALLA
Questa
torta si fa d'autunno o d'inverno, quando la zucca gialla si trova in vendita
dagli ortolani.
Zucca,
chilogrammi l.
Mandorle
dolci, grammi 100'.
Zucchero,
grammi 100.
Burro,
grammi 30.
Pangrattato,
grammi 30.
Latte,
mezzo litro.
Uova,
n. 3.
Una
presa di sale.
Odore
di cannella in polvere.
Sbucciate
la zucca, pulitela dai filamenti superficiali e grattatela sopra un canovaccio.
Prendete le quattro punte di questo per raccoglierla insieme e strizzatela in
modo da toglierle buona parte dell'acquosità che contiene. Il chilogrammo si
ridurrà a circa 300 grammi. Mettetela allora a bollire nel latte fino a
cottura, che si può ottenere dai 25 ai 40 minuti, secondo la qualità della
zucca. Pestate frattanto le mandorle, già sbucciate, insieme collo zucchero, in
un mortaio, riducendole finissime, e quando la zucca è cotta uniteci tutti
gl'ingredienti meno le uova, che aggiungerete quando il composto è diaccio. Pel
resto regolatevi come per la Torta di ricotta del numero precedente.
641 TORTA DI PATATE
Trattandosi
di patate, non ridete del nome ampolloso perché come vedrete alla prova, non è
demeritato. Se i vostri commensali non distinguono al gusto l'origine plebea di
questa torta, occultatela loro, perché la deprezzerebbero.
Molta
gente mangia più con la fantasia che col palato e però guardatevi sempre dal
nominare, almeno finché non siano già mangiati e digeriti, que' cibi che sono
in generale tenuti a vile per la sola ragione che costano poco o racchiudono in
sé un'idea che può destar ripugnanza; ma che poi, ben cucinati o in qualche
maniera manipolati, riescono buoni e gustosi. A questo proposito vi racconterò
che trovandomi una volta ad un pranzo di gente famigliare ed amica, il nostro
ospite, per farsi bello, all'arrosto, scherzando, uscì in questo detto:
"Non potrete lagnarvi che io non vi abbia ben trattati quest'oggi; perfino
tre qualità di arrosto: vitella di latte, pollo e coniglio". Alla parola
coniglio diversi dei commensali rizzarono il naso, altri rimasero come interdetti,
ed uno di essi, intimo della famiglia, volgendo lo sguardo con orrore sul
proprio piatto, rispose: "Guarda quel che ti è venuto in capo di darci a
mangiare! almeno non lo avessi detto! mi hai fatto andar via l'appetito".
A
un'altra tavola essendo caduto per caso il discorso sulla porchetta (un maiale
di 50 a 60 chilogrammi, sparato, ripieno di aromi e cotto intero nel forno),
una signora esclamò: "Se io avessi a mangiare di quella porcheria non
sarebbe possibile". il padrone di casa piccato dell'offesa che si faceva a
un cibo che nel suo paese era molto stimato, convitò la signora per un'altra
volta e le imbandì un bel pezzo di magro di quella vivanda. Essa non solo la
mangiò, ma credendola fosse vitella di latte, trovava quell'arrosto di un gusto
eccellente. Molti altri casi consimili potrei narrare; ma non voglio tacere di
un signore che giudicando molto delicata una torta, ne mangiò per due giorni;
saputo poi ch'ella era composta di zucca gialla non ne mangiò più non solo, ma
la guardava bieco come se avesse ricevuto da lei una grave offesa.
Eccovi
la ricetta:
Patate
grosse e farinacee, grammi 700.
Zucchero,
grammi 150.
Mandorle
dolci con tre amare, grammi 70.
Uova,
n. 5.
Burro,
grammi 30.
Una
presa di sale.
Odore
di scorza di limone.
Lessate
le patate (meglio cotte a vapore), sbucciatele e passatele dallo staccio quando
sono ancora ben calde. Sbucciate e pestate finissime, insieme collo zucchero,
le mandorle, versatele nelle patate cogli altri ingredienti, lavorando il tutto
con un mestolo per un ora intera e aggiungendo le uova una alla volta e il
burro sciolto.
Versate
il composto in una teglia unta di lardo o burro ed aspersa di pangrattato,
cuocetela in forno e servitela diaccia.
642 TORTA MILANESE
Per
la stranezza della sua composizione sono stato a lungo incerto se dovevo farvi
conoscere questa torta, la quale non ha bastanti meriti per figurare in una
tavola signorile e per piatto di famiglia è alquanto costoso. Non è per altro
da disprezzarsi, e siccome potrebbe anche piacere, come so che piace a una
famiglia di mia conoscenza, che la fa spesse volte, ve la descrivo.
Carne
tutta magra lessa o arrosto, di manzo o di vitella, netta da pelletiche o
tenerume, grammi 200.
Cioccolata,
grammi 100.
Zucchero,
grammi 100.
Burro,
grammi 50.
Pinoli,
grammi 50.
Uva
sultanina, grammi 50.
Cedro
candito a pezzettini, grammi 25.
La
carne tritatela finissima con la lunetta.
I
pinoli tostateli.
L'uva
tenetela alquanto in molle nella marsala e levatela asciutta prima di usarla.
Mettete
la carne a soffriggere nel detto burro, rimestandola continuamente onde non si
attacchi, e quando avrà preso un colore alquanto rossiccio levatela dal fuoco
per lasciarla diacciare.
Sciogliete
al fuoco la detta cioccolata, grattata o a pezzetti, in tre cucchiaiate
d'acqua, e sciolta che sia uniteci lo zucchero e poi versatela nella carne,
aggiungendovi i pinoli, l'uva e il candito e mescolando il tutto.
Ora
formate una pasta frolla per rinchiudervi la torta come appresso:
Farina
di grano, grammi 170.
Farina
di granturco, grammi 80.
Zucchero
a velo, grammi 80.
Burro,
grammi 70.
Lardo
vergine, grammi 25.
Un
uovo.
Vino
bianco o marsala, quanto basta per poterla intridere.
Prendete
una teglia proporzionata ove il composto non riesca più alto di un dito,
ungetela col burro o col lardo, e con una sfoglia sotto ed un'altra sopra,
quest'ultima tirata col matterello rigato, chiudetelo in mezzo.
Dorate
la superficie col rosso d'uovo, cuocetela al forno o al forno da campagna e
servitela diaccia.
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