La giornata che Buffalo Bill non dimenticò mai. Una storia di birre maremmane che si intreccia con quella di Buffalo Bill. E’ proprio in serate come questa che, al calar del sole, mi piace fermarmi a guardare il mare bevendo una birra ghiacciata. Alle spalle l’assolata campagna maremmana,
l’imponente eleganza di Villa Bengodi in quel di Talamone e davanti solo la distesa azzurrina dove il sole va a tuffarsi.
Ovunque vado mi piace bere locale, e qui, un po’ per curiosità ma anche per dar soddisfazione al proprietario della Villa che, vedi caso, produce birra , accetto, per provare, una prima ‘Birra artigianale Maremmana’, la bevo bionda, ghiacciata nel vetro sottile. Stringo gli occhi e ascolto ad orecchie socchiuse il produttore che spiega, racconta, elogia ed infioretta la sua birra ‘perfetta’. Dalla scoperta di un vecchio manuale per ‘l’utilizzo del luppolo per far bevande spiritose’ ecco che nasce l’interesse e poi la passione. Avrà anche imparato su un manuale ma la birra è buona, mi ricorda le artigianali d’oltre confine, provo per curiosità quella mora, che arriva per fortuna con un piattino di pecorino stagionato, col quale pare faccia pariglia. Lui parla, io bevo e annuso l’aria che arriva dal mare. Lui racconta, io faccio quello che facevo prima, ma l’occhio mi si abbassa, l’orecchio si socchiude, la parlata aspirata mi rilassa, e ascoltando storie di campagne assolate e lavoro di butteri ecco che riaffiorano dalla antica memoria spezzoni di un racconto, ascoltato chissaquando e dove, leggende di uomini e cavalli, di campagne e sfide, quando ‘il buttero Augustarello sconfisse il grande Buffalo Bill’…….
… forse William Frederick Cody, il leggendario Buffalo Bill, quando – poco più che adolescente – scorrazzava come Pony Express, non se lo immaginava nemmeno lontanamente che sarebbe divenuto un noto showman e impresario teatrale. Azioni leggendarie, più o meno vere, che lo coinvolsero durante la guerra di Secessione lo resero celebre fino a che Ned Buntile – un giornalista di cronaca nera che tendeva a rendere epico anche il fatto più banale –iniziò a scrivere una serie di novelle sul mitico avventuriero che riscossero grande popolarità. Fiutato l’affare, Ned chiese a Buffalo Bill di interpretare se stesso in uno spettacolo teatrale: accettò e fu un successo tanto che, nel 1883, mise su il ‘Buffalo Bill Wild West Show’: un vero e proprio spettacolo circense in cui venivano ricreate scene tipiche dell’ovest americano tra cui l’assalto alla diligenza e la battaglia del Little Big Horn. Vi partecipavano veri indiani (o “pelli rosse” come li chiamarono i giornali italiani) tra cui Toro Seduto. Ovunque andasse era sempre un sold out e visto le insistenti richieste che provenivano dalla vecchia Europa decise di attraversare l’Oceano e, nel febbraio 1890, preceduto da enormi campagne pubblicitarie, arrivò in Italia.
Sbarcò con l’aria un po’ arrogante ed il fare presuntuoso che ritroviamo in tutte le sue foto ed una carovana composta da centinaia di persone e con un’enorme attrezzatura, la troupe arrivò nella capitale con treni speciali e, poiché il complesso aveva bisogno di grande spazio, furono scelti i Prati di Castello, nell’area ancora desolata che, ospitando spesso le esercitazioni della guarnigione militare, era detta Piazza d’Armi. Buffalo Bill fu ricevuto da Leone XIII in occasione dell’anniversario dell’incoronazione. Il primo spettacolo, ebbe luogo il 20 febbraio, di pomeriggio, di fronte ad un’enorme folla. Il biglietto, per l’epoca, era molto caro: cinque lire. Ma nonostante ciò nei primi undici giorni vi fu un incasso di oltre 160 mila lire. Dopo uno dei tanti spettacoli, il duca Onorato Caetani gli parlò dei suoi butteri elogiandone l’abilità di domatori che non aveva confronto con i cow boy americani. Buffalo Bill accennò a un sorriso poi, quando capì, che il duca non scherzava iniziò a dire che nessuno poteva tenere testa ai suoi cow boy. Ne nacque una lunga discussione che si concluse con la scelta di fare una sfida tra gli uomini di Bill e i butteri agropontini che avrebbero dovuto sellare e cavalcare, senza essere disarcionati, alcuni indomiti puledri americani. Il premio, inizialmente, fu di 1000 lire che successivamente Buffalo Bill ridusse a 500.
Di fronte ad un foltissimo pubblico, a metà dello spettacolo circense fecero ingresso nell’arena i butteri Francesco Costanzi, Cesare Fabbri, Achille Fasciani, Achille Laurenti, Angelo Petecchi, Bernardo Quinti, Filippo Valentini. In testa Alfonso Ferrazza e Augusto Imperiali detto “Augustarello”, un buttero trentenne di Casa Caetani “dal bel nome antico” che fu indiscusso protagonista della sfida.
Ricordava Gustavo Brigante Colonna: “La folla seguiva in silenzio la lotta magnifica. Imperiali aveva un sorriso breve che gli scopriva i denti aguzzi”.
Il cronista de Il Messaggero scriveva: “Il morello, tenuto con le corde, si dibatte frenetico; s’alza sulle zampe di dietro, tira rampate. I butteri le schivano sempre con la sveltezza di uomini esperti. Riescono finalmente a mettergli la sella con il sottocoda, e d’un salto uno dei butteri gli è sopra. E’ Augusto Imperiali. Nuova tempesta di applausi. I butteri, entusiasti del successo ottenuto, saltano, ballano, buttano all’aria i cappelli, tanto per imitare in tutto quello che si è visto fare dagli americani. Augusto Imperiali fa una stupenda galoppata intorno al campo, tenendo con la destra le redini e agitando con la sinistra il cappello. Tutte le sfuriate del cavallo non riescono a muoverlo dal posto un solo momento. Sceso a terra, e chiamato ad avvicinarsi ai primi posti dove riceve le più vive congratulazioni da tutti, compresa la Duchessa di Sermoneta ed i suoi figli”.
Buffalo Bill non accettò di pagare la scommessa ed il giorno seguente tolse le tende del suo circo e lasciò Roma.
….allora se le piace assaggi anche la mia birra rossa, è leggermente affumicata, noi la si beve quando si mangia il pollastro o col coniglio che fa la mi sorella…
Giuro non stavo dormendo, ma è stato come uscire da un sogno, e poi con la coda dell’occhio l’ho visto! Lui il grande Buffalo Bill, girare le spalle e andarsene stizzito, con la mascella dura, lasciandosi alle spalle butteri allegri e vocianti, coi calici alzati a brindare alla vittoria con le nostre buone birre maremmane.
Evviva l’Italia.
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