Cioccolato? Chiedete ai Torinesi. Cioccolato? Allora dico Torino della prima metà dell'Ottocento. Qui, intorno agli anni venti del secolo, nasce il procedimento industriale di produzione del cioccolato, che si perfeziona nei decenni successivi
si sviluppa e cresce grazie all'intraprendenza e lungimiranza di imprenditori locali e all'acqua, perchè grazie all'esistenza di una efficiente rete cittadina di canali idraulici si garantisce l'energia necessaria per meccanizzare le operazioni di preparazione del cioccolato.
Giovanni Martino Bianchini nel 1819,
concepisce e realizza una «macchina pel trittolamento del caccao, zuccaro e
droghe, e per tutte le operazioni a un tempo della fabbricazione del cioccolato
e con un solo operaio», il complesso di queste operazioni diminuendo il tempo della fabbricazione, e segnatamente il dispendio d'una numerosa, e continuata mano d'opera portano il Ricorrente a sperare con qualche plausibilità la diminuzione d'un terzo sull'odierno prezzo corrente del cioccolato. Con una supplica a Re Carlo Felice ne ottiene il brevetto e la installa presso la ex conceria
Watzembourn, nel cuore di Borgo San Donato, sfruttando gli impianti già
esistenti, alimentati dalle acque del «canale di Torino», per dare movimento ai
suoi meccanismi. In breve tempo, vari imprenditori, a partire dagli anni trenta e quaranta,
convertono le loro attività di industriali di conceria o di filatura, alla
produzione del cioccolato.
Nel
1832, Paolo Caffarel, fondatore della Casa Caffarel, acquista la «fabbrica da cioccolato» e subentra nell'attività del Bianchini.
Alcuni dei «lavoranti», intraprendenti e lungimiranti, passati dal suo stabilimento, a loro volta, danno avvio
a nuove imprese. Fra questi Michele Talmone, la cui fabbrica è attiva a pochi
metri da quella di Caffarel e della ditta Prochet, Gay e Compagnia, in Borgo
San Donato, che diventa così il polo cittadino della produzione cioccolatiera. E poi Risso, Beata e
Perrone, Peyrano, Streglio, Baratti e Milano, Leone ecc. ecc..
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