Pellegrino Artusi e le Stiacciate. Anche se i tempi sono cambiati e le sane merende di un tempo sono spiazzate da ogni genere di merendina industriale per fortuna
rimangono ancora certi forni e panetterie dove si parla toscano e nei quali le merende sono ancora considerate cose sacre. Un classico è senz’altro la 'schiacciatina': al posto della comune fetta di schiacciata salata a taglio, nei forni di Firenze per l’ora della merenda si chiede infatti una “schiacciatina”, piccola, rotonda, buonissima al naturale o, se volete strafare, aperta e farcita coi buoni salumi di Cinta. Oppure i 'coccoli', palline di pasta lievitata e fritta in olio d’oliva. Si mangiano di solito con affettati o stracchino, ma sono anche un appuntamento goloso per lo spuntino di metà giornata. E poi che dire del 'pan di ramerino', che pare uscito da un libro del Collodi, un panino fragrante, dalla superficie lucida e dorata, non troppo dolce, con uva passa e rosmarino. I 'quaresimali' invece sono dei biscottini leggeri, a base di sola farina, zucchero, cacao e chiare d’uovo montate a neve realizzati con le forme delle lettere dell’alfabeto. Ma anche i 'bomboloni', e cosa ormai rara le 'pesche', così chiamate perché il loro aspetto ricorda quello del frutto, pastine tonde a base di farina, zucchero e burro, farcite con crema pasticcera e intrise nell’alchermes, liquore di colore cremisi che a Firenze è di casa sin dal tempo dei Medici, chiamato “Elisir di lunga vita” veniva preparato nell'Officina dei frati di Santa Maria Novella.
rimangono ancora certi forni e panetterie dove si parla toscano e nei quali le merende sono ancora considerate cose sacre. Un classico è senz’altro la 'schiacciatina': al posto della comune fetta di schiacciata salata a taglio, nei forni di Firenze per l’ora della merenda si chiede infatti una “schiacciatina”, piccola, rotonda, buonissima al naturale o, se volete strafare, aperta e farcita coi buoni salumi di Cinta. Oppure i 'coccoli', palline di pasta lievitata e fritta in olio d’oliva. Si mangiano di solito con affettati o stracchino, ma sono anche un appuntamento goloso per lo spuntino di metà giornata. E poi che dire del 'pan di ramerino', che pare uscito da un libro del Collodi, un panino fragrante, dalla superficie lucida e dorata, non troppo dolce, con uva passa e rosmarino. I 'quaresimali' invece sono dei biscottini leggeri, a base di sola farina, zucchero, cacao e chiare d’uovo montate a neve realizzati con le forme delle lettere dell’alfabeto. Ma anche i 'bomboloni', e cosa ormai rara le 'pesche', così chiamate perché il loro aspetto ricorda quello del frutto, pastine tonde a base di farina, zucchero e burro, farcite con crema pasticcera e intrise nell’alchermes, liquore di colore cremisi che a Firenze è di casa sin dal tempo dei Medici, chiamato “Elisir di lunga vita” veniva preparato nell'Officina dei frati di Santa Maria Novella.
594 ROSCHETTI
Farina,
grammi 200.
Zucchero
a velo, grammi 100.
Mandorle
dolci, grammi 100.
Burro,
grammi 80.
Strutto,
grammi 30.
Uova,
uno intero e un rosso.
Sbucciate
le mandorle, asciugatele bene al sole o al fuoco, tostatele color nocciola e
tritatele alla grossezza di mezzo chicco di riso; poi mescolate tanto queste
che lo zucchero fra la farina.
Nella
massa così formata fate una buca per metterci il resto, ed intridetela
lavorandola il meno possibile; indi lasciatela qualche ora in riposo nella
forma di un pane rotondo.
Infarinate
leggermente la spianatoia e tirate il pane suddetto, prima col matterello
liscio poi con quello rigato, alla grossezza poco meno di un centimetro.
Se
lo tagliate col disco del n. 162 o con altro consimile otterrete circa 50 di
queste pastine che potrete cuocere nel forno da campagna, dopo averle collocate
in una teglia unta appena col burro diaccio.
595 CENCI
Farina,
grammi 240.
Burro,
grammi 20.
Zucchero
in polvere, grammi 20.
Uova,
n. 2.
Acquavite,
cucchiaiate n. l.
Sale,
un pizzico.
Fate
con questi ingredienti una pasta piuttosto soda, lavoratela moltissimo con le
mani e lasciatela un poco in riposo, infarinata e involtata in un canovaccio.
Se vi riuscisse tenera in modo da non poterla lavorare, aggiungete altra
farina. Tiratene una sfoglia della grossezza d'uno scudo, e col coltello o
colla rotellina a smerli, tagliatela a strisce lunghe un palmo circa e larghe
due o tre dita. Fate in codeste strisce qualche incisione per ripiegarle o
intrecciarle o accartocciarle onde vadano in padella (ove l'unto, olio o lardo,
deve galleggiare) con forme bizzarre. Spolverizzatele con zucchero a velo
quando non saranno più bollenti. Basta questa dose per farne un gran piatto. Se
il pane lasciato in riposo avesse fatta la crosticina, tornatelo a lavorare.
596 STIACCIATA COI SICCIOLI
Nel
mondo bisognerebbe rispettar tutti e non disprezzare nessuno per da poco ch'ei
sia, perché, se ben vorrete considerarla, può pure codesta persona da poco
essere dotata di qualche qualità morale che non la renda indegna.
Questo
in massima generale; ma venendo al particolare, benché il paragone non regga e
si tratti di cosa meschina, vi dirò che della stiacciata di cui mi pregio
parlarvi sono debitore a una rozza serva che la faceva a perfezione.
Lievito,
grammi 650.
Zucchero
in polvere, grammi 200.
Siccioli,
grammi 100.
Burro,
grammi 40.
Lardo,
grammi 40.
Uova,
n. 5.
Odore
di scorza di arancio o di limone.
Per
lievito qui intendo quello che serve per impastare il pane.
Lavoratela
la sera avanti; prima sulla spianatoia il lievito senza i condimenti, poi in
una catinella per più di mezz'ora con una mano, aggiungendo a poco per volta
gli ingredienti e le uova. Poi copritela bene e ponetela in luogo tiepido
perché lieviti durante la notte. La mattina appresso rimpastatela e poi
versatela in una teglia di rame unta e infarinata ove stia nella grossezza non
maggiore di due dita. Fatto questo, mandatela in caldana per la seconda
lievitatura e passatela al forno. Si può anche compiere tutta l'operazione in
casa e cuocerla nel forno da campagna; ma vi prevengo che questa è una pasta
alquanto difficile a riuscir bene, specialmente se la stagione è molto fredda.
Meglio è che per farla aspettiate il dolco ma non vi sgomentate alla prima
prova.
Nel
brutto caso che la mattina avesse lievitato poco o punto, aggiungete lievito di
birra in quantità poco maggiore di una noce, facendolo prima lievitare a parte
con un pizzico di farina e acqua tiepida.
597 STIACCIATA UNTA
La
chiameremo stiacciata unta per distinguerla dalla precedente. Se quella ha il
merito di riuscire più grata al gusto, questa ha l'altro di una più facile
esecuzione.
La
dose di questa stiacciata e la ricetta della torta mantovana mi furono favorite
da quel brav'uomo, già rammentato, che fu Antonio Mattei di Prato; e dico
bravo, perch'egli aveva il genio dell'arte sua ed era uomo onesto e molto
industrioso; ma questo mio caro amico, che mi rammentava sempre il Cisti
fornaio di messer Giovanni Boccaccio, morì l'anno 1885, lasciandomi addoloratissimo.
Non sempre sono necessarie le lettere e le scienze per guadagnarsi la pubblica
stima; anche un'arte assai umile, accompagnata da un cuor gentile ed esercitata
con perizia e decoro, ci può far degni del rispetto e dell'amore del nostro
simile.
Sotto
rozze maniere e tratti umili
Stanno
spesso i bei cuori e i sensi puri;
Degli
uomini temiam troppo gentili,
Quai
marmi son: lucidi, lisci e duri.
Ma
veniamo all'ergo:
Pasta
lievita da pane, grammi 700.
Lardo,
grammi 120.
Zucchero,
grammi 100.
Siccioli,
grammi 60.
Rossi
d'uovo, n. 4.
Un
pizzico di sale.
Odore
della scorza d'arancio o di limone.
Si
lavori moderatamente perché potrebbe perder la forza. Fatta la sera e lasciata
in luogo tiepido si lievita da sé; fatta la mattina avrà bisogno di tre ore di
caldana in terra.
Se
la volete senza siccioli aggiungete altri due rossi d'uovo ed altri grammi 30
di lardo.
Metà
di questa dose basta per cinque o sei persone.
598 STIACCIATA ALLA LIVORNESE
Le
stiacciate alla livornese usansi per Pasqua d'uovo forse perché il tepore della
stagione viene in aiuto a farle lievitar bene e le uova in quel tempo
abbondano. Richiedono una lavorazione lunga, forse di quattro giorni, perché
vanno rimaneggiate parecchie volte. Eccovi la nota degl'ingredienti necessari
per farne tre di media grandezza, o quattro più piccole:
Uova,
n. 12.
Farina
finissima, chilogrammi 1,800.
Zucchero,
grammi 600.
Olio
sopraffine, grammi 200.
Burro,
grammi 70.
Lievito
di birra, grammi 30.
Anaci,
grammi 20.
Vin
santo, decilitri 11/2.
Marsala,
1/2 decilitro.
Acqua
di fior d'aranci, decilitri l.
Mescolate
le due qualità di vino e in un po' di questo liquido ponete in fusione gli
anaci dopo averli ben lavati. A tarda sera potrete fare questa.
1a
Operazione. Intridete il lievito di birra con mezzo bicchiere di acqua tiepida,
facendogli prender la farina che occorre per formare un pane di giusta
consistenza, che collocherete sopra il monte della farina, entro a una
catinella, coprendolo con uno strato della medesima farina. Tenete la catinella
riparata dall'aria e in cucina, se non avete luogo più tiepido nella vostra
casa.
2a
Operazione. La mattina, quando il detto pane sarà ben lievitato, ponetelo sulla
spianatoia, allargatelo e rimpastatelo con un uovo, una cucchiaiata d'olio, una
di zucchero, una di vino e tanta farina da formare un'altra volta un pane più
grosso, mescolando ogni cosa per bene senza troppo lavorarlo.
Ricollocatelo
sopra la farina e copritelo come l'antecedente.
3a
Operazione. Dopo sei o sette ore, che tante occorreranno onde il pane torni a
lievitare, aggiungete tre uova, tre cucchiaiate d'olio, tre di zucchero, tre di
vino, e farina bastante per formare il solito pane e lasciatelo lievitar di
nuovo, regolandovi sempre nello stesso modo. Per conoscere il punto della
fermentazione calcolate che il pane deve aumentare circa tre volte di volume.
4a
Operazione. Cinque uova, cinque cucchiaiate di zucchero, cinque d'olio, cinque
di vino e la farina necessaria.
5a
ed ultima operazione. Le tre rimanenti uova e tutto il resto, sciogliendo il
burro al fuoco, si mescoli ben bene per rendere la pasta omogenea. Se il
pastone vi riuscisse alquanto morbido, il che non è probabile, aggiungete altra
farina per renderlo di giusta consistenza.
Dividetelo
in tre o quattro parti formandone delle palle e ponete ognuna di esse in una
teglia sopra un foglio di carta che ne superi l'orlo, unta col burro, ove stia
ben larga; e siccome via via che si aumenta la dose degli ingredienti, la
fermentazione è più tardiva, l'ultima volta, se volete sollecitarla, ponete le
stiacciate a lievitare in caldana e quando saranno ben gonfie e tremolanti
spalmatele con un pennello prima intinto nell'acqua di fior di arancio, poi nel
rosso d'uovo. Cuocetele in forno a temperatura moderatissima, avvertendo che
quest'ultima parte è la più importante e difficile perché, essendo grosse di
volume, c'è il caso che il forte calore le arrivi subito alla superficie, e
nell'interno restino mollicone. Con questa ricetta, eseguita con accuratezza,
le stiacciate alla livornese fatte in casa, se non avranno tutta la leggerezza
di quelle del Burchi di Pisa, saranno in compenso più saporite e di ottimo
gusto.
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