Pellegrino Artusi e i Budini di semolino. Sulla rotta dei mercanti che solcavano il Mediterraneo, dalla Spagna agli affacci mediorientali, dal Maghreb alla nostra Sicilia, questo è
l'itinerario di diffusione del grano duro con tutti i suoi sottoprodotti: semola, semolino ecc ecc...ed i lavorati, tipici delle antiche popolazioni arabe, come il cous cous, che lega le sue origini appunto ai Paesi del Nord Africa, agli antichi Berberi, e alle schiave africane presso le tribù nomadi dei Tuareg che vivevano nel deserto del Sahara. Un cibo che dà energia e racchiude nelle sue molecole il segreto del buonumore, il primo a capirlo fu re Salomone che lo usò per guarirsi dalle afflizioni amorose causategli dalla regina di Saba.
l'itinerario di diffusione del grano duro con tutti i suoi sottoprodotti: semola, semolino ecc ecc...ed i lavorati, tipici delle antiche popolazioni arabe, come il cous cous, che lega le sue origini appunto ai Paesi del Nord Africa, agli antichi Berberi, e alle schiave africane presso le tribù nomadi dei Tuareg che vivevano nel deserto del Sahara. Un cibo che dà energia e racchiude nelle sue molecole il segreto del buonumore, il primo a capirlo fu re Salomone che lo usò per guarirsi dalle afflizioni amorose causategli dalla regina di Saba.
657 BUDINO DI SEMOLINO
Dosi
precise:
Latte,
decilitri 8.
Semolino,
grammi 150.
Zucchero,
grammi 100.
Uva
passolina, grammi 100.
Burro,
grammi 20.
Uova,
n. 4.
Rhum,
3 cucchiaiate.
Sale,
una presa.
Odore
di scorza di limone.
Alcuni
aggiungono pezzetti di candito, ma il troppo condimento talvolta guasta. Dopo
averlo preparato e tolto dal fuoco cuocetelo in uno stampo liscio o lavorato,
unto prima col burro e spolverizzato di pangrattato. Mancando il forno comune o
da campagna, i budini possono cuocersi bene anche in un fornello del focolare.
Questo budino servitelo caldo.
658 BUDINO DI SEMOLINO E CONSERVE
Latte,
mezzo litro.
Semolino,
grammi 130.
Zucchero,
grammi 70.
Burro,
grammi 15.
Uova,
n. 2.
Una
presa di sale.
Odore
di scorza di limone.
Diverse
conserve di frutta.
Cuocete
il semolino nel latte; aggiungete lo zucchero e il burro quando è bollente;
l'odore e il sale quando lo ritirate dal fuoco; scocciate le uova quando è
ancora caldo e mescolate ben bene. Preparate uno stampo da budino, liscio o lavorato,
unto col burro e cosparso di pangrattato, e versateci a poco per volta il
composto diaccio, rifiorendolo via via di conserve a pezzetti o a cucchiaini
secondo che esse siano liquide o sode; però avvertite che non vadano a toccare
le pareti dello stampo, perché vi si attaccherebbero, e che non siano troppo in
abbondanza, ché stuccherebbero. Servitelo caldo dopo averlo cotto nel fornello.
Le
conserve che, a mio gusto, più si prestano per questo dolce sono quelle di
lampone e di cotogne; ma possono andare anche quelle di albicocche, di ribes e
di pesche.
Per
otto o dieci persone raddoppiate la dose.
659 BUDINO DI FARINA DI RISO
Questo
dolce nella sua semplicità è, a mio parere, di un sapore assai delicato e,
benché cognito forse ad ognuno, non dispiacerà di sentirne stabilite le dosi
nelle seguenti proporzioni, che io credo non abbisognino di essere né aumentate
né diminuite.
Latte,
litri 1.
Farina
di riso, grammi 200.
Zucchero,
grammi 120.
Burro,
grammi 20.
Uova,
n. 6.
Una
presa di sale.
Odore
di vainiglia.
Sciogliete
prima la farina con la quarta parte del latte diaccio, aggiungetene un poco del
caldo quando è a bollore e versatela nel resto del latte quando bolle; così
impedirete che si formino bozzoli. Quando è cotta aggiungete lo zucchero, il burro
e il sale; ritiratela dal fuoco e aspettate che sia tiepida per mescolarvi
entro le uova e l'odore. Cuocete questo budino come l'antecedente.
La
composizione di questo dolce, il quale probabilmente non è di data molto
antica, mi fa riflettere che le pietanze pur anche vanno soggette alla moda e
come il gusto de' sensi varia seguendo il progresso e la civiltà. Ora si
apprezza una cucina leggiera, delicata e di bell'apparenza e verrà forse un
giorno che parecchi di questi piatti da me indicati per buoni, saranno
sostituiti da altri assai migliori. I vini sdolcinati di una volta hanno
lasciato libero il passo a quelli generosi ed asciutti, e l'oca cotta in forno
col ripieno d'aglio e di mele cotogne, giudicato piatto squisito nel 1300, ha
ceduto il posto al tacchino ingrassato in casa, ripieno di tartufi, e al
cappone in galantina. In antico, nelle grandi solennità, si usava servire in
tavola un pavone lesso o arrosto con tutte le sue penne, spellato prima di
cuocerlo e rivestito dopo, contornato di gelatine a figure colorate con polveri
minerali nocive alla salute, e pei condimenti odorosi si ricorreva al comino e
al bucchero che più avanti vi dirò cos'era.
Le
paste dolci si mantennero in Firenze di una semplicità e rozzezza primitiva fin
verso la fine del secolo XVI, nel qual tempo arrivò una compagnia di Lombardi,
che si diede a fare pasticci, offelle, sfogliate ed altre paste composte
d'uova, burro, latte, zucchero o miele; ma prima d'allora nelle memorie antiche
sembra che siano ricordati soltanto i pasticci ripieni di carne d'asino che il
Malatesta regalò agli amici nel tempo dell'assedio di Firenze quando la
carestia, specialmente di companatico, era grande.
Ora,
tornando al bucchero, vi fu un tempo che, come ora la Francia, era la Spagna
che dava il tòno alle mode, e però ad imitazione del gusto suo, al declinare
del secolo XVII e al principio del XVIII, vennero in gran voga i profumi e le
essenze odorose. Fra gli odori, il bucchero infanatichiva e tanto se ne estese
l'uso che perfino gli speziali e i credenzieri, come si farebbe oggi della
vainiglia, lo cacciavano nelle pasticche e nelle vivande. Donde si estraeva
questo famoso odore e di che sapeva? Stupite in udirlo e giudicate della
stravaganza dei gusti e degli uomini! Era polvere di cocci rotti e il suo
profumo rassomigliava a quello che la pioggia d'estate fa esalare dal terreno
riarso dal sole; odor di terra, infine, che tramandavano certi vasi detti
buccheri, sottili e fragili, senza vernice, dai quali forse ha preso nome il
color rosso cupo; ma i più apprezzati erano di un nero lucente. Codesti vasi
furono portati in Europa dall'America meridionale la prima volta dai Portoghesi
e servivano per bervi entro e per farvi bollir profumi e acque odorose, poi se
ne utilizzavano i frantumi nel modo descritto.
Nell'Odíssea
d'Omero, traduzione d'Ippolito Pindemonte, Antinoo dice:
...
Nobili Proci,
Sentite
un pensier mio. Di que'ventrigli
Di
capre, che di sangue e grasso empiuti
Sul
fuoco stan per la futura cena,
Scelga
qual più vorrà chi vince, e quindi
D'ogni
nostro convito a parte sia.
Nel
Tom. 6° dell'Osservatore Fiorentino si trova la descrizione di una cena, la
quale, per la sua singolarità, merita di riferirne alcuni passi:
"Tra
i piatti di maggior solennità si contava ancora il pavone, cotto a lesso con le
penne, e la gelatina, formata e colorita a figure. Un certo senese, trattando a
cena un Cortigiano di Pio II (alla metà del 1400 all'incirca) per nome Goro, fu
sí mal consigliato in preparar questi due piatti, che si fece dar la baia per
tutta Siena; tantopiù che non avendo potuto trovar pavoni, sostituì oche
salvatiche, levato loro i piedi ed il becco.
"Venuti
in tavola i pavoni senza becco e ordinato uno che tagliasse; il quale non
essendo più pratico a simile uffizio, gran pezzo si affaticò a pelare, e non
poté far sì destro, che non empiesse la sala e tutta la tavola di penne, e gli
occhi e la bocca, e il naso e gli orecchi a Messer Goro e a tutti...
"Levata
poi questa maledizione di tavola, vennero molti arrosti pure con assai comino;
non pertanto tutto si sarebbe perdonato, ma il padrone della casa, co' suoi
consiglieri, per onorare più costoro, aveva ordinato un piatto di gelatina a
lor modo, e vollero farvi dentro, come si fa alle volte a Firenze e altrove,
l'arme del Papa, e di Messer Goro con certe divise, e tolsero orpimento,
biacca, cinabro, verderame, ed altre pazzie, e fu posta innanzi a Messer Goro
per festa e cosa nuova, e Messer Goro ne mangiò volentieri e tutti i suoi
compagni per ristorare il gusto degli amari sapori del comino, e delle strane
vivande.
"E
per poco mancò poi la notte, che non distendessero le gambe alcun di loro, e
massime Messer Goro ebbe assai travaglio di testa e di stomaco, e rigettò forse
la piumata delle penne selvatiche. Dopo questa vivanda diabolica o pestifera
vennero assai confetti, e fornissi la cena".
Consigliate da La Cucina Economica
.....e no! Così non vale! Come si fa a non provare a farne uno???????? :) grazie, come sempre! Adoro Artusi.....che pure a vissuto a Firenze! Passo spesso da quella che è stata la sua casa per qualche tempo....uno splendido palazzo in Piazza D'Azeglio!!!!!!
RispondiElimina...è vero sono irresistibili. Semplici ma perfetti.
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