Pellegrino Artusi, pesci e pescetti. “…Purgo
per digiuno l’anguille
di Bolsena e la vernaccia”
I
versi sono tratti dal Purgatorio dove Dante colloca Martino IV, un papa del
1200 dallo straordinario appetito e talmente ghiotto di anguille che, secondo
la leggenda, sarebbe trapassato proprio per anguillesca indigestione.
497 CEFALI IN GRATELLA
Le
anguille di Comacchio richiamano alla memoria i cefali abitatori delle stesse
valli i quali, quando sono portati ai mercati verso la fine di autunno, sono
belli, grassi e di ottimo sapore. I Comacchiesi li trattano nella seguente
maniera che persuade. Levano a questo pesce le scaglie e le branchie ma non li
sbuzzano perché le interiora, come nella beccaccia, dicono che sono il meglio.
Li condiscono con sale e pepe soltanto, e li pongono sulla gratella a fuoco
ardente. Cotti che siano li mettono tra due piatti caldi non lontani dal fuoco
per cinque minuti. Al momento di servirli rivolgono i piatti, che quel di sopra
vada sotto e il grasso colato rimanga così sparso e steso sopra il pesce,
mandandolo in tavola con limone da strizzare.
Al
n. 688 è dato un cenno come li servono in Romagna.
500 SEPPIE COI PISELLI
Fate
un battuto piuttosto generoso con cipolla, uno spicchio d'aglio e prezzemolo.
Mettetelo al fuoco con olio, sale e pepe, e quando avrà preso colore passatelo
da un colino strizzando bene. In questo soffritto gettate le seppie tagliate a
filetti, ma prima nettatele com'è indicato al n. 74, bagnatele con acqua, se
occorre, e quando saranno quasi cotte versate i piselli grondanti dall'acqua
fresca in cui li avrete tenuti in molle.
501 TINCHE ALLA SAUTÉ
Questo
pesce (Tinca vulgaris) della famiglia dei ciprinoidi, ossia dei carpi, benché
si trovi anche ne' laghi e ne' fiumi profondi, abita di preferenza, come ognuno
sa, le acque stagnanti dei paduli; ma ciò che ignorasi forse da molti si è che
esso, nonché il carpio, offrono un esempio della ruminazione fra i pesci. Il
cibo arrivato nel ventricolo è rimandato nella faringe coi movimenti
antiperistaltici e dai denti faringei, speciali a quest'uso, ulteriormente
sminuzzato e triturato.
Prendete
tinche grosse (nel mercato di Firenze vendonsi vive e sono, nella loro
inferiorità fra i pesci, delle migliori), tagliate loro le pinne, la testa e la
coda; apritele per la schiena, levatene la spina e le lische e dividetele in
due parti per il lungo. Infarinatele, poi tuffatele nell'uovo frullato, che
avrete prima condito con sale e pepe; involgetele nel pangrattato, ripetendo
per due volte quest'ultima operazione. Cuocetele nella sauté col burro e
servitele in tavola con spicchi di limone e con un contorno di funghi fritti,
alla loro stagione.
Qui
viene opportuno indicare il modo di togliere o attenuare il lezzo dei pesci di
padule. Si gettano nell'acqua bollente, tenendoveli alcuni minuti finché la
pelle comincia a screpolare, e si rinfrescano poi nell'acqua diaccia prima di
cuocerli. Questa operazione è chiamata dai francesi limoner, da limon, fango.
502 PASTICCIO DI MAGRO
Mancherei
a un dovere di riconoscenza se non dichiarassi che parecchie ricette del
presente volume le devo alla cortesia di alcune signore che mi favorirono anche
questa, la quale, benché in apparenza accenni ad un vero e proprio pasticcio,
alla prova è riuscita degna di figurare in qualunque pranzo, se eseguita a
dovere.
Un
pesce del peso di grammi 300 a 350.
Riso,
grammi 200.
Funghi
freschi, grammi 150.
Piselli
verdi, grammi 300.
Pinoli
tostati, grammi 50.
Burro,
quanto basta.
Parmigiano,
idem.
Carciofi,
n. 6.
Uova,
n. 2.
Cuocete
il riso con grammi 40 di burro e un quarto di cipolla tritata, salatelo, e
quando è cotto con l'acqua occorrente legatelo con le dette uova e grammi 30 di
parmigiano.
Fate
un soffritto con cipolla, burro, sedano, carota e prezzemolo e in esso cuocete
i funghi tagliati a fette, i piselli, e i carciofi tagliati a spicchi e mezzo
lessati. Tirate queste cose a cottura con qualche cucchiaiata d'acqua calda e
conditele con sale, pepe e gr, 50 di parmigiano grattato quando le avrete
ritirate dal fuoco.
Cuocete
il pesce, che può essere un muggine, un ragno o anche pesce a taglio, in un
soffritto d'olio, aglio, prezzemolo, sugo di pomodoro o conserva e conditelo
con sale e pepe. Levate il pesce, passate il suo intinto e in questo sciogliete
i pinoli che prima avrete abbrustoliti e pestati. Togliete al pesce la testa,
la spina e le lische, tagliatelo a pezzetti, rimettetelo nel suo intinto e
uniteci ogni cosa meno che il riso.
Ora
che gli elementi del pasticcio sono tutti pronti, fate la pasta per
rinchiudervelo, di cui eccovi le dosi:
Farina,
grammi 400.
Burro,
grammi 80
Uova,
n. 2.
Vino
bianco o marsala, due cucchiaiate
Sale,
un pizzico.
Prendete
uno stampo qualunque, ungetelo col burro e foderatelo colla detta pasta tirata
a sfoglia; poi riempitelo versandovi prima la metà del riso, indi tutto il
ripieno e sopra il ripieno il resto del riso, ricoprendolo alla bocca colla stessa
pasta. Cuocetelo al forno, sformatelo e servitelo tiepido o freddo.
Eseguito
nelle dosi indicate basterà per dodici persone.
505 ARINGA INGENTILITA
Signori
bevitori, a questa aringa (Clupea harengus) posate la forchetta; non è fatta
per voi che avete il gusto grossolano.
Ordinariamente
si ricerca l'aringa femmina come più appariscente per la copiosa quantità delle
uova; ma è da preferirsi il maschio che, co' suoi spermatofori lattiginosi,
ossia borsa spermatica, è più delicato. Maschio o femmina che sia, aprite
l'aringa dalla parte della schiena, gettatene via la testa e spianatela; poi
mettetela in infusione nel latte bollente e lasciatevela dalle otto alle dieci
ore. Sarebbe bene che in questo spazio di tempo si cambiasse il latte una
volta. Dopo averla asciugata con un canovaccio, cuocetela in gratella come
l'aringa comune e conditela con olio e pochissimo aceto o, se più vi piace, con
olio e agro di limone.
C'è
anche quest'altra maniera per togliere all'aringa il sapore troppo salato.
Mettetela al fuoco con acqua diaccia, fatela bollire per tre minuti, poi
tenetela per un momento nell'acqua fresca; asciugatela, gettatene via la testa,
apritela dalla parte della schiena e conditela come la precedente.
La
Clupea harengus è il genere tipico dell'importantissima famiglia dei Clupeini,
la quale comprende, oltre alle aringhe, le salacche, i salacchini, le acciughe,
le sarde e l'Alosa vulgaris, o Clupea comune, chiamata cheppia in Toscana. Questa,
in primavera, rimontando i fiumi per deporre le uova, viene pescata anche in
Arno a Firenze.
Le
aringhe vivono in numero sterminato nelle profondità dei mari dell'estrema
Europa e si fanno vedere alla superficie solo al tempo della riproduzione, cioè
nei mesi di aprile, maggio e giugno, e dopo deposte le uova scompariscono nella
profondità della loro abituale dimora. Si vede il mare talora per diverse
miglia di seguito luccicante e l'acqua divenir torbida per la fregola e per le
squame che si distaccano. In Inghilterra arrivano dal luglio al settembre e la
pesca, che si fa con reti circolari, n'è sì abbondante sulle spiagge di
Yarmouth che talvolta se ne sono preparate fino a 500 mila barili.
519 PALOMBO FRITTO
Tagliate
il palombo in rotelle non tanto grosse e lasciatele in infusione nell'uovo
alquanto salato per qualche ora. Mezz'ora avanti di friggerle involtatele in un
miscuglio formato di pangrattato, parmigiano, aglio e prezzemolo tritati, sale
e pepe. Un piccolo spicchio d'aglio basterà per grammi 500 di pesce. Contornatelo
con spicchi di limone.
520 PALOMBO IN UMIDO
Tagliatelo
a pezzi piuttosto grossi e poi fate un battuto con aglio, prezzemolo e
pochissima cipolla. Mettetelo al fuoco con olio e, quando avrà soffritto a
sufficienza, collocateci il palombo e conditelo con sale e pepe. Rosolato che
sia versateci un po' di vino rosso, o bianco asciutto, e sugo di pomodoro o
conserva per tirarlo a cottura.
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