Pellegrino Artusi, rifreddi e pasticci. Ogni volta che faccio un rifreddo ricomincio dall'ABC. Sembrerebbe una cosa di facile escuzione, ma quello è l'errore basilare in cui non cadere mai. Il bilanciamento dei sapori, che mutano allorquando il calore li ha lasciati, deve essere in sincronia gemellare con le salse che andrete a servirgli accanto. E poi essendo un piatto di transito tra una portata e l'altra, dovrà con queste essere in collegamento, ed abbracciarle entrambe.
360 LINGUA ALLA SCARLATTA
Alla
scarlatta perché prende un bel color rosso; ed è, per aspetto e gusto, un
piatto ben indovinato.
Dovendovi
parlar di lingua, mi sono venuti alla memoria questi versi del Leopardi:
Il
cor di tutte
Cose
alfin sente sazietà, del sonno,
Della
danza, del canto e dell'amore,
Piacer
più cari che il parlar di lingua,
Ma
sazietà di lingua il cor non sente.
È
vero, il prurito della loquacità non si sazia cogli anni, anzi cresce in
proporzione, come cresce il desiderio di una buona tavola, unico conforto ai
vecchi, ai quali però le inesorabili leggi della natura impongono di non
abusarne sotto pena di gravi malanni; l'uomo nella vecchiaia consuma meno e
l'azione degli organi facendosi via via meno attiva e le secrezioni imperfette,
si generano nel corpo umano umori superflui e malefici, quindi dolori
reumatici, gotta, colpi apoplettici e simile progenie uscita dal vaso di
madonna Pandora.
Tornando
alla lingua, di cui devo parlarvi, prendetene una di bestia grossa, cioè di
vitella o di manzo, e con grammi 20 o 30 di salnitro, a seconda del volume,
strofinatela tutta finché l'abbia tirato a sé. Dopo ventiquattr'ore lavatela
con acqua fredda diverse volte e così umida strofinatela con molto sale e
lasciatela sul medesimo otto giorni, avvertendo di voltarla ogni mattina sulla
sua salamoia, prodotta dal sale che si scioglie in acqua. Il modo migliore di
cucinarla essendo di farla lessa, mettetela al fuoco con acqua diaccia, la sua
salamoia naturale, un mazzetto guarnito e mezza cipolla steccata con due chiodi
di garofani, facendola bollire per tre o quattro ore. Spellatela quando è
ancora a bollore, lasciatela freddare e mandatela in tavola; sarà poi un
rifreddo eccellente e signorile se la contornerete con la gelatina n. 3.
Si
può servire anche calda, o sola, o accompagnata da patate oppure da spinaci.
È
un piatto da non tentarsi nei grandi calori estivi perché c'è il caso che il
sale non basti per conservarla.
361 LINGUA
DI VITELLA DI LATTE IN SALSA PICCANTE
Prendete
una lingua tutta intera di vitella di latte e lessatela in acqua salata, al che
accorreranno circa due ore. Fate un battutino di sedano e carota tritato fine,
mettetelo a bollire con olio a buona misura per cinque minuti e lasciatelo da
parte. Fate un altro battuto con due acciughe salate, lavate e nettate dalla
spina, gr. 50 di capperi strizzati dall'aceto, un buon pizzico di prezzemolo,
una midolla di pane quanto un uovo, bagnata appena nell'aceto, cipolla quanto
una nocciola, meno della metà di uno spicchio d'aglio e, quando il tutto sarà
ben tritato, lavoratelo con la lama di un coltello e un gocciolo d'olio per
ridurlo unito e pastoso e poi mescolatelo col precedente battuto di sedano e
carota. Per ridurlo liquido aggiungete altr'olio e il sugo di mezzo limone,
conditelo col pepe e salatelo, se occorre. Questa è la salsa.
Spellate
la lingua ancora calda, scartate la pappagorgia co' suoi ossicini, che è buona
mangiata lessa, e il resto della lingua tagliatelo a fette sottili per coprirle
con la descritta salsa e servitela fredda.
È
un piatto appetitoso, opportuno nei calori estivi quando lo stomaco si sente
svogliato.
362 SCALOPPE DI LINGUA FARSITE IN BELLA
VISTA
Fra
i rifreddi questo è uno dei migliori e di bella apparenza.
Fatevi
tagliare dal vostro salumaio dieci fettine di lingua salata nella parte più
grossa, il cui peso in tutto riesca grammi 130 circa. Fatevi anche tagliare in
fette sottili grammi 100 di prosciutto cotto grasso e magro. Tagliate giro giro
i bordi della lingua per dare alle fette una forma elegante e i ritagli
metteteli da parte. Poi levate dal prosciutto dieci fettine della dimensione di
quelle della lingua e i ritagli tanto del prosciutto che della lingua gettateli
nel mortaio con grammi 70 di burro e grammi 20 di un tartufo bianco e odoroso.
Pestate queste cose insieme per ridurle fini come un unguento, di cui vi
servirete per ispalmare le fette della lingua da una sola parte, ed
appiccicatevi sopra le fettine del prosciutto.
Ora
che avete così composto questi dieci pezzi, vi danno tutto il tempo che volete
per metterli in gelatina. Questa è descritta nella ricetta n. 3 e può bastar
quella dose; ma due sono le maniere per adornar con essa i pezzi suddetti. La
prima consiste nel prendere un largo piatto o una teglia, versarvi un leggero
strato di gelatina sciolta e quando comincia a condensare collocarvi sopra i
pezzi e questi coprirli con un altro strato di gelatina sciolta per levarli
dopo a uno a uno allorché siasi assodata.
La
seconda sarebbe di collocare i pezzi ritti in uno stampo a qualche distanza tra
loro dopo averci colato in fondo un leggero strato di gelatina sciolta, e di
coprirli poi tutti della stessa gelatina per isformare quindi lo stampo e
mandarli in tavola tutti in un pezzo, che così faranno più bella mostra.
In
un pranzo di parecchie portate io credo che questa dose potrebbe bastare anche
per dieci persone, ma per istar sul sicuro meglio sarà di non servirla a più di
otto.
363 VITELLO TONNATO
Prendete
un chilogrammo di vitella di latte, nella coscia o nel culaccio, tutto unito e
senz'osso, levategli le pelletiche e il grasso, poi steccatelo con due
acciughe. Queste lavatele, apritele in due, levate loro la spina e tagliatele
per traverso facendone in tutto otto pezzi. Legate la carne non molto stretta e
mettetela a bollire per un'ora e mezzo in tanta acqua che vi stia sommersa e in
cui avrete messo un quarto di cipolla steccata con due chiodi di garofani, una
foglia d'alloro, sedano, carota e prezzemolo. L'acqua salatela generosamente e
aspettate che bolla per gettarvi la carne. Dopo cotta scioglietela, asciugatela
e, diaccia che sia tagliatela a fette sottili e tenetela in infusione un giorno
o due in un vaso stretto, nella seguente salsa in quantità sufficiente da
ricoprirla.
Pestate
grammi 100 di tonno sott'olio e due acciughe; disfateli bene colla lama di un
coltello o, meglio, passateli dallo staccio aggiungendo olio fine in abbondanza
a poco per volta e l'agro di un limone od anche più, in modo che la salsa
riesca liquida; per ultimo mescolateci un pugnello di capperi spremuti dall'aceto.
Servite il vitello tonnato con la sua salsa e con spicchi di limone.
Il
brodo colatelo e servitevene per un risotto.
364 RIFREDDO DI VITELLA DI LATTE
Una
braciola senz'osso, tutta magra, di vitella di latte, del peso di circa grammi
400.
Altro
magro della stessa carne, grammi 120.
Una
grossa fetta di prosciutto grasso e magro, di gr. 50.
Altro
prosciutto come sopra, grammi 20.
Una
fetta di mortadella, di grammi 50.
Parmigiano
grattato, grammi 30.
Burro,
grammi 20.
Un
petto di pollo crudo.
Un
uovo.
La
braciola bagnatela coll'acqua e battetela col batticarne per ridurla alla
grossezza di un centimetro circa.
Tritate
con la lunetta i suddetti gr. 120 di magro, insieme coi suddetti gr. 20 di
prosciutto e dopo pestateli nel mortaio aggiungendo il parmigiano, il burro,
l'uovo, poco sale e poco pepe per fare con questi ingredienti il composto da
tenere unito il ripieno che formerete come appresso.
Tagliate
a filetti, grossi più di un centimetro, il petto di pollo e le due fette di
mortadella e prosciutto e poi col composto spalmate una parte della braciola e
sopra al medesimo collocate una terza parte dei filetti, intercalandoli, poi
spalmateli di sopra e così per altre due volte. Fatto questo arrocchiate la
braciola con entro il ripieno e ammagliatela ad uso salame per metterla al
fuoco con grammi 30 di burro, sale e pepe a scarsa misura. Quando avrà preso
colore, scolate l'unto, il quale potrà servire per qualche altro piatto, e
tiratela a cottura per circa tre ore col brodo versato a poco per volta. Diaccia
che sia scioglietela dallo spago, tagliatela a fette e servitela.
Potrà
bastare per 10 o 12 persone, specialmente se la guarnite di gelatina di carne
che qui ci sta a pennello.
365 POLLO IN SALSA TONNATA
Prendete
un busto di pollo giovane (per busto s'intende un pollo al quale siano state
levate le interiora, il collo e le zampe), gettatelo nella pentola quando bolle
e fatelo bollire mezz'ora che basta per cuocerlo. Quando lo levate toglietegli
la pelle, ché non serve per questo piatto, disossatelo tutto e mettetelo in
pezzi per condirli con sale, non tanto, pepe e due cucchiaiate d'olio. Dopo
diverse ore che è rimasto ammucchiato sopra un vassoio, copritelo con la
seguente salsa. Dato che il busto da crudo sia del peso di grammi 600 circa,
prendete:
Tonno
sott'olio, grammi 50.
Capperi
strizzati dall'aceto, grammi 30.
Acciughe,
n. 3.
Prezzemolo
un pugno, ossia tanto che dia il colore verde alla salsa.
Le
acciughe nettatele dalle scaglie e dalle spine. Il prezzemolo tritatelo fine
con la lunetta e poi pestatelo nel mortaio con tutto il resto per ridurre il
composto della salsa finissimo. Tolto dal mortaio mettetelo in una scodella e
diluitelo con quattro cucchiaiate d'olio e mezzo cucchiaio d'aceto. Con la metà
di questa salsa inzafardate il pollo e con l'altra metà copritelo onde faccia
più bella mostra, ma con tutto ciò, rimanendo sempre un piatto di poco grata
apparenza, potete adornarlo, quando lo mandate in tavola, con due uova sode
tagliate a spicchi messevi per contorno. Potrà bastare per sei persone ed è un
cibo appetitoso, opportuno per principio a una colazione o ad un pranzo per
gente di poco appetito, nei giorni caldi, quando lo stomaco trovasi svogliato.
Per
raschiare e pulir bene il mortaio di cose morbide o liquide, come questa salsa,
è molto a proposito una grossa fetta di patata cruda.
366 CAPPONE IN GALANTINA
Vi
descriverò un cappone in galantina fatto in casa mia e servito a un pranzo di
dieci persone; ma poteva bastare per venti, poiché, pelato, risultò chilogrammi
1,500.
Vuotato
e disossato (per disossare un pollo vedi il n. 258) rimase chilogrammi 0,700 e
fu riempito con la quantità di ingredienti che qui appresso vi descrivo:
Magro
di vitella di latte, grammi 200.
Detto
di maiale, grammi 200.
Mezzo
petto di pollastra.
Lardone,
grammi 100.
Lingua
salata, grammi 80.
Prosciutto
grasso e magro, grammi 40.
Tartufi
neri, grammi 40.
Pistacchi,
grammi 20.
Mancandovi
il maiale, può servire il petto di tacchino. I tartufi tagliateli a pezzi
grossi come le nocciole e i pistacchi sbucciateli nell'acqua calda. Tutto il
resto tagliatelo a filetti della grossezza di un dito scarso e mettetelo da
parte salando le carni.
Fate
un battuto con altro maiale e con altra vitella di latte, grammi 200 di carne
in tutto, pestatelo fine in un mortaio con grammi 60 di midolla di pane bagnata
nel brodo; aggiungete un uovo, le bucce dei tartufi, i ritagli della lingua e
del prosciutto, conditelo con sale e pepe e, quando ogni cosa è ben pesta,
passatelo per istaccio.
Ora,
allargate il cappone, salatelo alquanto e cominciate a distendervi sopra un
poco di battuto e poi un suolo di filetti intercalati nelle diverse qualità,
qualche pezzetto di tartufo e qualche pistacchio; e così di seguito un suolo di
filetti e una spalmatura di battuto finché avrete roba, avvertendo che i
filetti del petto di pollastra è meglio collocarli verso la coda del cappone
per non accumulare sul petto di questo la stessa qualità di carne. Ciò eseguito
tirate su i lembi del cappone dalle due parti laterali, non badando se non si
uniscono perfettamente, che ciò non importa, e cucitelo. Legatelo per il lungo
con uno spago, involtatelo stretto in un pannolino, che avrete prima lavato,
onde togliergli l'odore di bucato, legate le due estremità del medesimo e
mettetelo a bollire nell'acqua per due ore e mezzo. Dopo scioglietelo, lavate
il pannolino, poi di nuovo rinvoltatelo e mettetelo sotto un peso in piano e in
modo che il petto del cappone resti al disotto o al disopra e in questa
posizione tenetelo per un paio d'ore almeno, onde prenda una forma alquanto
schiacciata.
L'acqua
dove ha bollito il cappone può servire per brodo e anche per la gelatina n. 3.
367 CAPPONE
IN VESCICA
Si
dirà che io sono armato della virtù dell'asino, la pazienza, quando si sappia
che dopo quattro prove non riuscite, ho finalmente potuto alla quinta ed alla
sesta, cuocer bene un cappone in vescica. I primi quattro furono sacrificati a
Como, il dio delle mense, perché non avendo prese tutte le necessarie
precauzioni, le vesciche si rompevano bollendo. È un piatto però che merita di
occuparsene, visto che il cappone, già ottimo per sé stesso, diventa squisito
cotto in tale maniera.
Prendete
una vescica di bue, meglio di maiale che sembra più resistente, grande, grossa
e senza difetti; lavatela bene con acqua tiepida e tenetela in molle per un
giorno o due. Sbuzzate il cappone, levategli il collo e le zampe, gettategli
nell'interno un buon pugnello di sale, internate le estremità delle cosce, e
piegate le ali aderenti al corpo onde le punte non isfondino la vescica. Poi
cucite le aperture del buzzo e del collo e fasciatelo tutto con grammi 150 di
prosciutto più magro che grasso a fette sottilissime, legandole aderenti al
cappone. Acconciato in questa maniera ponetelo nella vescica, facendo a questa
un'incisione per quel tanto che basta e dopo cucitela fitta.
Ora
prendete un cannello lungo un palmo almeno, che serve di sfiatatoio, fategli un
becco in cima a mo' di fischietto e un'intaccatura in fondo per infilarlo e
legarlo nel collo della vescica e con questo apparecchio mettete il cappone al
fuoco entro a una pentola di acqua tiepida e lasciatelo bollire per tre ore
continue col cannello di fuori, ma badiamo bene, perché qui sta il busillis:
deve bollire in modo da veder solamente quelle piccole e rade bollicine che vengono
a galla. Se il cannello gettasse grasso o altro liquido non ne fate caso e
raccoglietelo in un tegamino. Cotto che sia il cappone lasciatelo diacciare
nella sua acqua e servitelo il giorno appresso scartando il prosciutto che ha
già perduto tutto il sapore. Entro al cappone troverete della gelatina ed altra
ne potrete aggiungere se vorrete fargli un conveniente contorno e sarà allora
un rifreddo da principe. Anche una pollastra ingrassata, se manca il cappone,
si presta all'uopo.
Sarà
bene vi prevenga che l'ultima vescica mi fu assicurato che era di maiale e che
avrebbe resistito al fuoco più di quella di bue.
368 TORDI DISOSSATI IN GELATINA
Per
sei tordi prendete:
Magro
di vitella di latte, grammi 100.
Lingua
salata, grammi 40.
Prosciutto
grasso e magro, grammi 30.
Una
palla di tartufi neri di circa grammi 30.
Lasciate
da parte la metà della lingua e un terzo del prosciutto, più grasso che magro,
e la carne suddetta col resto della lingua e del prosciutto tritateli e
pestateli nel mortaio insieme con la corteccia del tartufo, rammorbidendo il
composto con un gocciolo di marsala. Poi passatelo dallo staccio ed uniteci un
rosso d'uovo.
Disossate
i tordi come fareste pel pollo ripieno n. 258 e lasciate ad essi il collo e la
testa attaccati; poi riempiteli col composto descritto nel quale avrete già
mescolato il tartufo, la lingua e il prosciutto messi da parte, il tutto
tagliato a dadini. Ora cuciteli in modo da poter levare il filo quando saranno
cotti, e per cuocerli avvolgete ciascun tordo in un pezzo di velo e fateli
bollire per un'ora nel brodo della gelatina n. 3.
Serviteli
per rifreddo sopra alla gelatina medesima e se con questa formate sei stampini,
grandi a modo di nido, sembrerà che il tordo vi stia sopra a covare.
Riesce
un piatto fine e delicato.
369 ÀRISTA
Si
chiama àrista in Toscana la schiena di maiale cotta arrosto o in forno, e si
usa mangiarla fredda, essendo assai migliore che calda. Per schiena di maiale
s'intende, in questo caso, quel pezzo della lombata che conserva le costole, e
che può pesare anche 3 o 4 chilogrammi.
Steccatela
con aglio, ciocche di ramerino e qualche chiodo di garofano, ma con parsimonia,
essendo odori che tornano facilmente a gola, e conditela con sale e pepe.
Cuocetela
arrosto allo spiede, che è meglio, o mandatela al forno senz'altro, e servitevi
dell'unto che butta per rosolar patate o per rifare erbaggi.
È
un piatto che può far comodo nelle famiglie, perché d'inverno si conserva a
lungo.
Durante
il Concilio del 1430, convocato in Firenze onde appianare alcune differenze tra
la Chiesa romana e la greca, fu ai vescovi e al loro seguito imbandita questa
pietanza conosciuta allora con altro nome. Trovatala di loro gusto cominciarono
a dire: àrista, àrista (buona, buona!), e quella parola greca serve ancora, dopo
quattro secoli e mezzo a significare la parte di costato del maiale cucinato in
quel modo.
370 PASTICCIO FREDDO DI CACCIAGIONE
Prendiamo,
per esempio, una starna o una pernice e con essa facciamo un pasticcio che
potrà bastare per sei o sette persone. La starna (Perdrix cinerea) si distingue
dalla pernice (Perdrix rubra) perché questa ha i piedi e il becco rosso ed è
alquanto più grossa.
Sono
gallinacei dell'ordine dei Rasores; si nutrono di vegetali, particolarmente di
granaglie, e però hanno il ventriglio a pareti molto muscolose, ed abitano i
monti dei paesi temperati. Le loro carni sono ottime, di sapor delicato; ma fra
le due specie, la pernice è da preferirsi. Eccovi gli ingredienti per questo
pasticcio:
Una
starna oppure una pernice alquanto frolla.
Fegatini
di pollo, n. 3.
Rossi
d'uovo, n. l.
Foglie
d'alloro, n. 2.
Marsala,
due dita di bicchiere comune.
Tartufi
neri, grammi 50.
Lingua
salata, grammi 50.
Prosciutto
grasso e magro, grammi 30.
Burro,
grammi 30.
Una
midolla di pane grossa quanto un pugno.
Un
piccolo battuto di cipolla, carota e sedano.
Un
poco di brodo.
La
starna vuotatela, lavatela e mettetela al fuoco col detto battuto, col burro,
col prosciutto tagliato a fettine, con le foglie d'alloro intere, e conditela
con sale e pepe. Quando la cipolla avrà preso colore, bagnatela con la marsala
versata poco per volta, e se non basta per tirar la starna a mezza cottura
servitevi di brodo. Tolta la starna dal fuoco, levatele il petto e formatene
otto filetti che lascerete in disparte. Il resto tagliatelo a piccoli pezzi per
tirarli a cottura intera, unicamente ai fegatini, quello della starna
compresovi.
Cotta
che sia questa roba, levatela asciutta e mettetela in un mortaio, gettando via
le foglie dell'alloro. Nell'intinto che ancora resta gettate la midolla del
pane e con un poco di brodo, rimestando, fate una pappa che verserete anch'essa
nel mortaio, come pure la raschiatura dei tartufi, e pesterete ogni cosa ben
fine per passarla dallo staccio. In questo passato stemperate il rosso d'uovo e
lavoratelo bene col mestolo per mantecarlo.
Ora,
formate la pasta per coprirlo servendovi della ricetta n. 372. Prendete uno di
quegli stampi speciali per questi pasticci, che sono fatti a barchetta o
rotondi, scannellati, di ferro bianco, a cerniera che si apre. Ungetelo col
burro e, tirata la pasta sottile poco più di uno scudo, foderatelo con la
medesima e fategli il fondo che poserete sopra una teglia di rame unta
anch'essa col burro.
Prima
gettate nel fondo parte del composto e disponetevi sopra una parte dei filetti
(petto della starna e lingua) ed alcuni pezzetti di tartufi grossi quanto le
nocciole e crudi; poi altro composto intramezzato di tartufi e filetti e così
di seguito se il pasticcio fosse voluminoso. Pigiatelo bene perché venga tutto
unito e compatto e fategli il coperchio della stessa pasta con qualche
ornamento, lasciandovi nel mezzo un buco onde sfiati il vapore.
Dorate
il di fuori e cuocetelo in forno o nel forno da campagna, e quando lo levate
coprite il buco con un fiocco della stessa pasta, fatto a misura e cotto a
parte.
La
stessa regola potete tenere per un pasticcio di due beccacce le quali non hanno
bisogno di essere vuotate, né degli intestini, né del ventriglio; soltanto
verificherete che nelle parti basse non vi sia qualcosa di poco odoroso.
371 PASTICCIO
DI CARNE
Magro
di vitella di latte, grammi 200
Magro
di maiale, grammi 100
Burro,
grammi 60.
Prosciutto
cotto tagliato grosso, grammi 60.
Lingua
salata tagliata grossa, grammi 50.
Midolla
di pane, grammi 50.
Un
petto di pollo.
Un
fegatino di pollo.
Un'allodola
o un uccello consimile.
Un
tartufo.
Marsala,
un decilitro.
Mettete
al fuoco col detto burro e conditeli con sale e pepe, la vitella, il maiale,
l'uccello (a cui leverete il becco e le zampe), il petto di pollo e per ultimo
il fegatino, bagnandoli con la marsala e poi con brodo per tirarli a cottura, e
prima di levarli lasciateci per un poco il tartufo. Poi nell'intinto che resta
gettateci la midolla del pane per fare un poco di pappa e questa messa in un
mortaio con l'uccelletto, un rosso d'uovo, la quarta parte circa della vitella
e del maiale, fate un composto passandolo da uno staccio di fil di ferro, ma se
riuscisse troppo sodo diluitelo con brodo.
Tutta
la carne rimasta, il prosciutto, la lingua, il fegatino e il tartufo tagliateli
a quadretti grossi come le nocciole e mescolate ogni cosa insieme unicamente
col composto passato. Ora prendete uno degli stampi appositi da pasticcio, di
forma rotonda, e servendovi della pasta descritta al n. 372, incassatelo; ma quando
avrete distesa per bene la pasta tanto sul fondo che intorno allo stampo
foderatela con fettine di lardone sottili come un velo e dopo riempito fategli
il suo coperchio regolandovi pel resto come il pasticcio di cacciagione n. 370.
Se
lo desideraste più signorile non riempite lo stampo fino alla bocca e nel vuoto
versateci, dopo cotto, un po' di gelatina n. 3 e servitelo freddo con altra
gelatina a parte.
Basterà
per otto persone.
372 PASTICCIO
DI LEPRE
Chi
non ha buone braccia non si provi intorno a questo pasticcio. La natura arida
delle carni della bestia di cui si tratta e il molto ossame, richiedono una
fatica improba per estrarne tutta la sostanza possibile, senza di che non
fareste nulla di veramente buono.
Quello
che qui vi descrivo fu fatto alla mia presenza, nelle seguenti dosi e
proporzioni sulle quali, regolandovi, ritengo non sia il caso di sciupare i
vostri quattrini.
Mezza
lepre, senza testa e gli zampucci, un chilogrammo.
Magro
di vitella di latte, grammi 230.
Burro,
grammi 90.
Lingua
salata, grammi 80.
Grasso
di prosciutto, grammi 80.
Prosciutto
grasso e magro, tagliato grosso mezzo dito, grammi 50.
Detto,
tagliato fine, grammi 30.
Tartufi
neri, grammi 60.
Farina
per la besciamella, grammi 30.
Marsala,
decilitri 3.
Uova,
n. 2.
Latte,
mezzo bicchiere.
Brodo,
quanto basta.
Dalla
lepre, dopo averla lavata ed asciugata, levate grammi 80 di magro dal filetto o
altrove e ponetelo da parte. Poi scarnite tutte le ossa, per separarle dalla
carne, rompetele e ponete anche queste da parte. La carne tagliatela a pezzi, e
coi suddetti grammi 80 di magro, lasciato intero, mettetela in infusione con
due terzi circa della detta marsala e coi seguenti odori tagliati all'ingrosso:
un quarto di una grossa cipolla, mezza carota, una costola di sedano lunga un
palmo, diversi gambi di prezzemolo e due foglie di alloro. Conditela con sale e
pepe, rivoltate bene ogni cosa e lasciatela in riposo diverse ore. Frattanto
nettate dalle pelletiche la carne di vitella di latte, sminuzzatela col
coltello e pestatela nel mortaio quanto più fine potete.
Scolate
dalla marsala la carne messa in infusione e con tutte le ossa, gli odori
indicati, il grasso di prosciutto, tagliato a pezzettini e grammi 30 del detto
burro, ponetela in una casseruola coperta e, a fuoco vivo, lasciatela rosolar
bene, rimuovendola spesso col mestolo e bagnandola, quando sarà asciutta, con
marsala, servendovi anche di quella rimasta dell'infusione, e con brodo fino a
cottura completa. Allora separate nuovamente la carne dalle ossa e rimettete da
parte gli 80 grammi di magro per formare con questo, coi grammi 50 di
prosciutto e con la lingua, tanti filetti grossi più di mezzo dito.
Pestate
prima tutta la carne della lepre nel mortaio, bagnandola di quando in quando
per renderla più pastosa, ma non troppo liquida, col resto della marsala e con
brodo e passatela; poi pestate le ossa e procurate che passi di queste tutto
quel che più potete, avvertendovi però occorrervi a quest'uopo uno staccio di
fil di ferro.
Ora,
fate una besciamella con grammi 30 del detto burro, la farina e il latte
indicati e, cotta che sia, versate nella stessa casseruola tutta la carne
passata, tanto quella della lepre che della vitella di latte cruda, aggiungete
le due uova, mescolate bene ed assaggiate il composto se è dosato giusto di
condimenti, per aggiungere, se occorre, sale e il resto del burro.
Adesso
incassate il pasticcio colla pasta qui sotto descritta e per riempirlo
regolatevi come nel n. 370. I tartufi tagliateli a tocchetti grossi come le
nocciole e così crudi e con tutti i filetti descritti disponeteli a tre suoli
alternati col composto ben pigiato onde vengano sparsi regolarmente, e facciano
bella mostra quando il pasticcio si taglia. Per ultimo distendetegli sopra i
grammi 30 di prosciutto a fette piuttosto sottili e copritelo.
Potete
coprirlo con pasta sfoglia a metà, come quella della ricetta n. 155, oppure con
la seguente:
Farina,
grammi 250.
Burro,
grammi 80.
Spirito
di vino, cucchiaini n. 2.
Zucchero,
cucchiaini n. 2.
Rossi
d'uovo, n. 2.
L'agro
di uno spicchio di limone.
Sale,
grammi 5.
Acqua
fredda, se occorre.
Con
la norma di questo, salvo qualche variazione del caso, potete fare diversi
altri pasticci di selvaggina, come sarebbe di cignale, daino e capriolo. Questo
ritengo possa bastare per un pranzo anche di venti persone.
373 PANE DI
LEPRE
Eccovi
un altro rifreddo.
Magro
di lepre senz'osso, grammi 250,
Burro,
grammi 100.
Farina,
grammi 50.
Parmigiano
grattato, grammi 30.
Rossi
d'uovo, n. 6.
Latte,
mezzo litro.
Fate
un battutino tritato ben fine con grammi 20 circa di prosciutto e un pezzetto
di cipolla, mettetelo al fuoco colla metà del detto burro e con la lepre
tagliata a piccoli pezzi, salandola. Quando l'unto sarà quasi consumato e prima
che la carne ròsoli, versate del buon brodo per tirarla a cottura. Cotta che
sia, pestatela nel mortaio bagnandola col suo sugo, poi passatela per istaccio.
Colla
farina indicata, col resto del burro e col latte fate una besciamella e quando
sarà diaccia frullate bene i rossi d'uovo e mescolate ogni cosa insieme.
Mettete il composto in uno stampo liscio con una carta imburrata nel fondo e
cuocetelo a bagno-maria. Servitelo freddo, contornato e coperto di gelatina; ma
poiché oggigiorno nei pranzi si cerca molto la bellezza e l'eleganza nei
piatti, ed anche qualche grata sorpresa, meglio sarebbe in questo caso che il
pan di lepre fosse coperto da una veste tutta unita di gelatina, il che si
ottiene facilmente. Si prende uno stampo più grande di quello che ha servito al
pan di lepre, se ne copre il fondo di gelatina e quando questa è rappresa vi si
colloca il rifreddo in mezzo e si riempie con altra gelatina liquida il vuoto
all'intorno.
374 PAN DI FEGATO
Tra
i rifreddi, questo che vi descrivo, è uno dei migliori ed ha il diritto, pel
suo delicato sapore, di comparire su qualunque tavola.
Fegato
di vitella di latte, grammi 500.
Burro,
grammi 70.
Midolla
di pane fresco, grammi 50,
Parmigiano
grattato, grammi 20.
Fegatini
di pollo, n. 4.
Marsala,
decilitri 1.
Sugo
di carne, oppure brodo, cucchiaiate n. 6.
Uova,
uno intero e due rossi.
Una
foglia di alloro.
Sale
e pepe, quanto basta.
Tagliate
il fegato a fette sottili e i fegatini in due parti, e gettate queste due cose
in padella con la foglia di alloro e la metà del burro e quando lo avranno
assorbito aggiungete l'altra metà e condite con sale e pepe. Poi versate la
marsala e dopo 4 o 5 minuti al più di fuoco vivo, dovendo il fegato rimaner
tenero, levatelo asciutto e insieme con l'alloro pestatelo nel mortaio.
Nell'intinto che resta in padella sminuzzate la midolla del pane e fatene una
pappa che getterete anch'essa nel mortaio, poi passate ogni cosa dallo staccio;
indi aggiungete il parmigiano e le uova, diluendo il composto col detto sugo o
brodo. Per ultimo collocatelo in uno stampo liscio con foglio sotto, unto col
burro, ed assodatelo a bagno-maria.
Sformatelo
tiepido e quando sarà diaccio copritelo tutto di gelatina del n. 3, entro a uno
stampo di circonferenza maggiore del primo. Potrà bastare per dodici persone.
375 PASTICCIO
DI FEGATO
Servitevi
del composto n. 374, aggiungendo soltanto grammi 30 di tartufi neri tagliati a
spicchi e facendo loro alzare il bollore nella marsala prima di spargerli nel
pasticcio. Copritelo con la pasta da pasticcio n. 372, cuocetelo in forno o nel
forno da campagna, e servitelo freddo. Potrà bastare anche questo per dodici
persone.
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mi piace molto questo blog, ha un sapore e un sapere antico ma sempre utile :) mi iscrivo volentieri al blog, se volete ricambiate :)
RispondiEliminaLo faro' con piacere, a presto.
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