Pellegrino Artusi, le tagliatelle. Secondo
una leggenda bolognese le tagliatelle sarebbero state inventate nel 1487 dal
bolognese mastro Zefirano, cuoco personale di Giovanni II di Bentivoglio: in
occasione del matrimonio di Lucrezia Borgia (che passò da Bologna nel viaggio
verso Ferrara, per sposare il Duca di Ferrara, Alfonso I d'Este) per preparare
la pasta si ispirò ai suoi biondi capelli. In realtà è soltanto una storiella
inventata dall'illustratore e umorista bolognese Augusto Majani nel 1931.
«
Fate una pasta d'ova e di farina,
E
riducete rimenando il tutto
In
una sfoglia, ma non troppo fina,
Uguale,
soda e, sul taglier pulito,
Fatene
tagliatelle larghe un dito.
Che
farete bollire allegramente
In
molt'acqua salata, avendo cura
Che,
come si suol dir, restino al dente;
Poiché
se passa il punto di cottura
Diventan
pappa molle, porcheria,
Insomma
roba da buttarla via.
Dall'altra
parte in un tegame basso,
Mettete
alcune fette di prosciutto
Tagliato
a dadi, misto, magro e grasso;
Indi
col burro rosolate il tutto.
Scolate
la minestra e poi conditela
Con
questo intinto e forma, indi servitela.
Questa
minestra che onora Bologna
Detta
la Grassa non inutilmente
Carezza
l'uomo dove gli bisogna,
Dà
forza ai muscoli ed alla mente
Fa
prender tutto con filosofia
Piace,
nutre, consola e così sia. »
(Lorenzo
Stecchetti)
69 TAGLIATELLE COL PROSCIUTTO
Le
chiamo tagliatelle, perché dovendo esser cotte nell'acqua e condite asciutte,
va tirata la sfoglia alquanto più grossa e tagliata a strisce più larghe dei
taglierini. Si tratta sempre di un impasto d'uova e farina, senza punta acqua
se le desiderate ben sode e buone.
Tagliate
a piccoli dadi una fetta grossa di prosciutto grasso e magro: tritate bene
sedano e carota in tal quantità che ambedue facciano il volume del prosciutto
all'incirca. Ponete al fuoco queste tre cose insieme, con un pezzo di burro
proporzionato al condimento delle tagliatelle. Quando il battuto avrà preso
colore, aggiungete sugo di pomodoro oppure conserva, ma con questa occorre un
ramaiolino di brodo o, mancando questo, di acqua.
Le
tagliatelle cuocetele poco e salatele pochissimo a motivo del prosciutto:
levatele asciutte, conditele col detto intingolo e con parmigiano.
Al
tempo delle salsicce potete sostituirle, bene sminuzzate al prosciutto, trattandole
nella stessa guisa.
Chi
ama il gusto del burro crudo ne serbi la metà per metterlo nell'intingolo
quando lo ritira dal fuoco.
Anche
gli spaghetti sono buoni conditi con le salsicce nella stessa maniera.
70 TAGLIATELLE VERDI
Si
usano per minestra asciutta e sono più leggiere e più digeribili di quelle
intrise di tutte uova. Per dar loro il color verde cuocete spinaci lessi,
strizzateli bene e tritateli colla lunetta. Con due uova e un pugno di questi
spinaci intridete sulla spianatoia quanta farina potete per ottenere una pasta
ben soda che lavorerete molto colle mani. Poi, col matterello, tiratela a
sfoglia sottile e quando dà cenno d'appiccicarsi, a motivo dell'erba che
produce viscosità, spruzzatela leggermente di farina. Avvolgete la sfoglia in
un canovaccio, e quando sarà asciutta tagliatela alquanto più larga de'
taglierini da brodo, avvertendo che il bello di tali paste è la loro lunghezza
il che indica l'abilità di chi le fece. Appena alzato il bollore levatele
asciutte e conditele come gli spaghetti alla rustica n. 104, oppure come i
maccheroni o le tagliatelle dei n. 87 e del n. 69; o semplicemente con cacio e
burro.
Questa
dose potrà bastare per quattro o cinque persone.
71 TAGLIATELLE ALL'USO DI ROMAGNA
Conti
corti e tagliatelle lunghe, dicono i Bolognesi, e dicono bene, perché i conti
lunghi spaventano i poveri mariti e le tagliatelle corte attestano l'imperizia
di chi le fece e, servite in tal modo, sembrano un avanzo di cucina; perciò non
approvo l'uso invalso, per uniformarsi al gusto degli stranieri, di triturare
minutissimi nel brodo i capellini, i taglierini, e minestre consimili le quali
per essere speciali all'Italia, debbono serbare il carattere della nazione.
Fate
la sfoglia e tagliatela come quella del n. 69. Cuocetele poco, scolatele bene
dall'acqua e mettetele in una casseruola sopra al fuoco per un momento, onde
far loro prendere il condimento che è quello degli spaghetti alla rustica n.
104; più un pezzo di burro proporzionato alla quantità della minestra.
Mescolate adagino e servitele. A parer mio questa è una minestra molto gustosa,
ma per ben digerirla ci vuole un'aria come quella di Romagna. Mi ricordo che
viaggiai una volta con certi Fiorentini (un vecchietto sdentato, un uomo di
mezza età e un giovine avvocato) che andavano a prender possesso di una eredità
a Modigliana. Smontammo a una locanda che si può immaginare qual fosse, in quel
luogo, quaranta e più anni sono. L'oste non ci dava per minestra che
tagliatelle, e per principio della coppa di maiale, la quale, benché dura assai
ed ingrata, bisognava vedere come il vecchietto si affaticava per roderla. Era
però tale l'appetito di lui e degli altri che quella e tutto il resto pareva
molto buono, anzi eccellente; e li sentii più volte esclamare: - Oh se
potessimo portarci con noi di quest'aria a Firenze! -
Poiché
siamo in questi paraggi, permettetemi vi racconti che dimorava a Firenze, al
tempo che correvano i francesconi, un conte di Romagna, il quale, facendo il
paio col marchese di Forlimpopoli del Goldoni, aveva molta boria, pochi
quattrini e uno stomaco a prova di bomba. Eran tempi in cui si viveva con poco
a Firenze, che fra le città capitali, andava famosa per buon mercato. C'erano
parecchie trattorie coll'ordinario di minestra, tre piatti a scelta, frutta o dolce,
pane e vino per una lira toscana (84 centesimi). Quelle porzioni, benché
piccole, pure sfamavano chiunque non fosse allupato, e frequentavano tali
trattorie anche i signori; ma il conte in queste non si degnava. Che industria
credete ch'egli avesse trovato per figurare e spender poco? Andava un giorno sì
e un giorno no alla tavola rotonda di uno de' principali alberghi ove con mezzo
francescone (lire 2,80), il trattamento era lautissimo, e là, tirando giù a
strame, s'impinzava lo stomaco per due giorni facendo dieta in casa, il
secondo, con pane, cacio ed affettato. Siavi di esempio e di ricetta.
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