Pellegrino Artusi, piccione, anatra e altri volatili, naturalmente arrosto. Quando
ti parlano di animali da cortile ecco che mi appare chiara l’immagine di una
contadina sull’aia, il fazzoletto di lana calato sulla fonte, in mano il
secchiello col pastone, che
avanza incespicando in una girandola di galline e pulcini. In realtà i cortili di un tempo erano delle vere proprie ‘arche’ di animali anche di grande pregio e non certo da considerarsi i fratelli poveri delle ‘penne di caccia’. Uno tra questi, la faraona, è per sapore delle carni molto simile al fagiano. Oppure l’anatra, muta o nostrana, apprezzate per le carni tenere, adatte anche a brevi cotture. L’oca, tradizionale pietanza natalizia. Quella grigia, da cuocere in umido, e la più piccola oca bianca, da cuocere arrostita o brasata. E poi piccioni, colombi, pavoni…..
avanza incespicando in una girandola di galline e pulcini. In realtà i cortili di un tempo erano delle vere proprie ‘arche’ di animali anche di grande pregio e non certo da considerarsi i fratelli poveri delle ‘penne di caccia’. Uno tra questi, la faraona, è per sapore delle carni molto simile al fagiano. Oppure l’anatra, muta o nostrana, apprezzate per le carni tenere, adatte anche a brevi cotture. L’oca, tradizionale pietanza natalizia. Quella grigia, da cuocere in umido, e la più piccola oca bianca, da cuocere arrostita o brasata. E poi piccioni, colombi, pavoni…..
528 UCCELLI
ARROSTO
Gli
uccelli devono essere freschi e grassi; ma soprattutto freschi. In que' paesi
dove si vendono già pelati bisogna essere tondi bene per farsi mettere in
mezzo. Se li vedete verdi o col brachiere, cioè col buzzo nero, girate largo;
ma se qualche volta rimaneste ingannati, cucinateli come il piccione in umido
n. 276, perché se li mettete allo spiede, oltreché aprirsi tutti durante la
cottura, tramandano, molto più che fatti in umido, quel fetore della
putrefazione, ossia della carne faisandée come la chiamano i Francesi: puzzo
intollerabile alle persone di buon gusto, ma che purtroppo non dispiace in
qualche provincia d'Italia ove il gusto, per lunga consuetudine, si è depravato
fors'anche a scapito della salute.
Un'eccezione
potrebbe farsi per le carni del fagiano e della beccaccia, le quali, quando
sono frolle, pare acquistino, oltre alla tenerezza, un profumo particolare,
specialmente poi se il fagiano lasciasi frollare senza pelarlo. Ma badiamo di
non far loro oltrepassare il primo indizio della putrefazione perché altrimenti
potrebbe accadervi come accadde a me quando avendomi un signore invitato a
pranzo in una trattoria molto rinomata, ordinò, fra le altre cose per farmi
onore, una beccaccia coi crostini; ebbene questa tramandava dal bel mezzo della
tavola un tale fetore che, sentendomi rivoltar lo stomaco, non fui capace
neppure di appressarmela alla bocca, lasciando lui mortificato ed io col dolore
di non aver potuto aggradire la cortesia dell'amico.
Gli
uccelli dunque, siano tordi, allodole o altri più minuti, non vuotateli mai e
prima d'infilarli acconciateli in questa guisa: rovesciate loro le ali sul
dorso onde ognuna di esse tenga ferme una o due foglie di salvia; le zampe
tagliatele all'estremità ed incrociatele facendone passare una sopra il
ginocchio dell'altra, forando il tendine, e in questa incrociatura ponete una
ciocchettina di salvia. Poi infilateli collocando i più grossi nel mezzo
tramezzandoli con un crostino, ossia una fettina di pane di un giorno grossa un
centimetro e mezzo, oppure, se trovasi, un bastoncino tagliato a sbieco.
Con
fettine di lardone, salate avanti e sottili quanto la carta, fasciate il petto
dell'uccello in modo che si possa infilare nello spiede insieme col pane.
Cuoceteli
a fiamma e se il loro becco non l'avete confitto nello sterno, teneteli prima
fermi alquanto col capo penzoloni onde facciano, come suol dirsi, il collo;
ungeteli una volta sola coll'olio quando cominciano a rosolare servendovi di un
pennello o di una penna per non toccare i crostini, i quali sono già a
sufficienza conditi dai due lardelli e salateli una volta sola. Metteteli al
fuoco ben tardi perché dovendo cuocere alla svelta c'è il caso che arrivino
presto e risecchiscano. Quando li mandate in tavola sfilateli pari pari, onde
restino uniti sul vassoio e composti in fila, che così faranno più bella
mostra.
Quanto
all'arrosto d'anatra o di germano, che sa di selvatico, alcuni gli spremono
sopra un limone quando comincia a colorire e l'ungono con quell'agro e
coll'olio insieme raccolto nella ghiotta.
535 PICCIONE
A SORPRESA
È
una sorpresa de' miei stivali; ma comunque sia è bene conoscerla perché non è
cosa da disprezzarsi.
Se
avete un piccione da mettere allo spiede e volete farlo bastare a più di una
persona, riempitelo con una braciola di vitella o di vitella di latte.
S'intende che questa braciola dev'essere di grandezza proporzionata.
Battetela
bene per renderla più sottile e più morbida, conditela con sale, pepe, una
presina di spezie e qualche pezzetto di burro, arrocchiatela e mettetela dentro
al piccione cucendone l'apertura. Se al condimento suddetto aggiungerete delle
fettine di tartufi sarà meglio che mai. Potete anche cuocere a parte la
cipollina e il fegatino del piccione nel sugo o nel burro, pestarli e con essi
spalmare la braciola; così l'aroma differente delle due qualità di carne si
amalgama e si forma un gusto migliore.
Ciò
che si è detto pel piccione valga per un pollastro.
547 ANATRA DOMESTICA ARROSTO
Salatela
nell'interno e fasciatele tutto il petto con larghe e sottili fette di lardone
tenute aderenti con lo spago.
Ungetela
coll'olio e salatela a cottura quasi completa. Il germano, ossia l'anatra
selvatica, essendo naturalmente magra, getta poco sugo e quindi meglio sarà di
ungerla col burro.
548 OCA DOMESTICA
L'oca
era già domestica ai tempi di Omero e i Romani (388 anni av. C.) la tenevano in
Campidoglio come animale sacro a Giunone.
L'oca
domestica, in confronto delle specie selvatiche, è cresciuta in volume, si è
resa più feconda e pingue in modo da sostituire il maiale presso gl'Israeliti.
Come cibo io non l'ho molto in pratica, perché sul mercato di Firenze non è in
vendita e in Toscana poco o punto si usa la sua carne; ma l'ho mangiata a lesso
e mi piacque. Da essa sola si otterrebbe un brodo troppo dolce; ma mista al
manzo contribuisce a renderlo migliore se ben digrassato.
Mi
dicono che in umido e arrosto si può trattare come l'anatra domestica e che il
petto in gratella si usa steccarlo col prosciutto o con le acciughe salate, per
chi si fa un divieto di quello, e condito con olio, pepe e sale.
In
Germania si cuoce arrosto ripiena di mele, vivanda codesta non confacente per
noi Italiani, che non possiamo troppo scherzare coi cibi grassi e pesanti allo
stomaco, come rileverete dal seguente aneddoto.
Un
mio contadino, uso a solennizzare la festa di Sant'Antonio abate, volle un
anno, meglio del consueto, riconoscerla coll'imbandire un buon desinare a' suoi
amici, non escludendo il fattore.
Tutto
andò bene perché le cose furono fatte a dovere; ma un contadino benestante, che
era degli invitati, sentendosi il cuore allargato, perché al bere e al mangiare
aveva fatto del meglio suo, disse ai commensali:
-
Per San Giuseppe, che è il titolare della mia parrocchia, vi voglio tutti a
casa mia e in quel giorno s'ha da stare allegri. - Fu accettato volentieri
l'invito e nessuno mancò al convegno.
Giunta
l'ora più desiderata per tali feste, che è quella di sedersi a tavola, cominciò
il bello, perocché si diede principio col brodo che era d'oca; il fritto era
d'oca, il lesso era d'oca, l'umido era d'oca, e l'arrosto di che credete che
fosse? era d'oca!! Non so quel che avvenisse degli altri, ma il fattore verso
sera cominciò a sentirsi qualche cosa in corpo che non gli permetteva di cenare
e la notte gli scoppiò dentro un uragano tale di tuoni, vento, acqua e
gragnuola che ad averlo visto il giorno appresso, così sconfitto e abbattuto di
spirito, faceva dubitare non fosse divenuto anch'esso un'oca.
Sono
rinomati i pasticci di Strasburgo di fegato d'oca reso voluminoso mediante un
trattamento speciale lungo e crudele, inflitto a queste povere bestie.
A
proposito di fegato d'oca me ne fu regalato uno, proveniente dal veneto, che
col suo abbondante grasso attaccato pesava grammi 600, il cuore compreso, e
seguendo l'istruzione ricevuta, lo cucinai semplicemente in questa maniera.
Prima misi al fuoco il grasso, tagliato all'ingrosso, poi il cuore a spicchi e
per ultimo il fegato a grosse fette. Condimento, sale e pepe soltanto; servito
in tavola, scolato dal soverchio unto, con spicchi di limone. Bisogna convenire
che è un boccone molto delicato.
Vedi
fegato d'oca n. 274.
549 TACCHINO
Il
tacchino appartiene all'ordine dei Rasores, ossia gallinacci, alla famiglia
della Phasanidae e al genere Meleagris. È originario dell'America
settentrionale, estendendosi la sua dimora dal nord ovest degli Stati Uniti
allo stretto di Panama, ed ha il nome di pollo d'India perché Colombo credendo
di potersi aprire una via per le Indie orientali, navigando a ponente, quelle
terre da lui scoperte furono poi denominate Indie occidentali. Pare accertato
che gli Spagnuoli portassero quell'uccello in Europa al principio nel 1500 e
dicesi che i primi tacchini introdotti in Francia furono pagati un luigi d'oro.
Siccome
quest'animale si ciba di ogni sudiceria in cui si abbatte, la sua carne, se è
mal nutrito, acquista talvolta un gusto nauseante, ma diviene ottima e saporosa
se alimentato di granturco e di pastoni caldi di crusca. Si può cucinare in
tutti i modi: a lesso, in umido, in gratella e arrosto; la carne della femmina
è più gentile di quella del maschio. Dicono che il brodo di questo volatile sia
caloroso, il che può essere, ma è molto saporito e si presta bene per le
minestre di malfattini, riso con cavolo o rapa, gran farro e farinata di
granturco aggraziate e rese più gustose e saporite con due salsicce sminuzzate
dentro. La parte da preferirsi per lesso è l'anteriore compresa l'ala, che è il
pezzo più delicato. Per l'arrosto morto e per l'arrosto allo spiede si prestano
meglio i quarti di dietro. Trattandosi del primo è bene steccarlo leggermente
di aglio e ramerino e condirlo con un battuto di carnesecca o lardone, un poco
di burro, sale e pepe, sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua, onde
poter rosolare nel suo intinto delle patate per contorno. Arrosto allo spiede si
unge coll'olio e, piacendo, si serve con un contorno di polenta fritta. Il
petto poi, spianato alla grossezza di un dito e condito qualche ora avanti a
buona misura, con olio, sale e pepe, è ottimo anche in gratella, anzi è un
piatto gradito ai bevitori, i quali vi aggiungono, conciati nella stessa
maniera, il fegatino e il ventriglio tagliuzzato perché prenda meglio il
condimento.
Vi
dirò per ultimo che un tacchinotto giovane del peso di due chilogrammi
all'incirca, cotto intero, allo spiede come la gallina di Faraone, può fare
eccellente figura in qualsiasi pranzo, specialmente se è primiticcio.
550 PAVONE
Ora
che nella serie degli arrosti vi ho nominati alcuni volatili di origine
esotica, mi accorgo di non avervi parlato del pavone, Pavo cristatus, che mi
lasciò ricordo di carne eccellente per individui di giovane età.
Il
più splendido, per lo sfarzo dei colori, fra gli uccelli dell'ordine dei
gallinacei, il pavone abita le foreste delle Indie orientali e trovasi in stato
selvatico a Guzerate nell'Indostan, a Cambogia sulle coste del Malabar, nel
regno di Siam e nell'isola di Giava. Quando Alessandro il Macedone, invasa
l'Asia minore, vide questi uccelli la prima volta dicesi rimanesse così colpito
dalla loro bellezza da interdire con severe pene di ucciderli. Fu quel monarca
che li introdusse in Grecia ove furono oggetto di tale curiosità che tutti
correvano a vederli; ma poscia, trasportati a Roma sulla decadenza della
repubblica, il primo a cibarsene fu Quinto Ortensio l'oratore, emulo di Cicerone
e, piaciuti assai, montarono in grande stima dopo che Aufidio Lurcone insegnò
la maniera d'ingrassarli, tenendone un pollaio dal quale traeva una rendita di
millecinquecento scudi la qual cosa non è lontana dal vero se si vendevano a
ragguaglio di cinque scudi l'uno.
554 PICCIONE IN GRATELLA
La
carne di piccione per la quantità grande di fibrina e di albumina che contiene,
è molto nutriente ed è prescritta alle persone deboli per malattia o per altra
qualunque cagione. Il vecchio Nicomaco nella Clizia del Machiavelli, per
trovarsi abile a una giostra amorosa, proponevasi di mangiare uno pippíone
grosso, arrosto così verdemezzo che sanguigni un poco.
Prendete
un piccione grosso, ma giovine, dividetelo in due parti per la sua lunghezza e
stiacciatele bene colle mani. Poi mettetele a soffriggere nell'olio per quattro
o cinque minuti, tanto per assodarne la carne. Conditelo così caldo con sale e
pepe, e poi condizionatelo in questa maniera: disfate al fuoco, senza farlo
bollire, 40 grammi di burro; frullate un uovo e mescolate l'uno e l'altro
insieme. Intingete bene il piccione in questo miscuglio e dopo qualche tempo
involtatelo tutto nel pangrattato. Cuocetelo in gratella a lento fuoco e
servitelo con una salsa o con un contorno.
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