cucina,ricette La Cucina Economica: Pellegrino Artusi, l' aragosta ed altre cose

mercoledì 5 marzo 2014

Pellegrino Artusi, l' aragosta ed altre cose


Pellegrino Artusi, l' aragosta ed altre cose. L’aragosta è ritenuta da sempre il cibo afrodisiaco per antonomasia. Gli alimenti afrodisiaci non sono certamente un' invenzione moderna. La loro origine risale fin dalle antichità, dalla cultura Egiziana, Greca, Romana.

Il termine afrodisiaco infatti data almeno 5.000 anni e deriva da Afrodite, la dea dell'amore e della bellezza venerata dagli antichi Greci. Durante le feste dionisiache l'uso di cibi stimolanti era diffuso: i Greci consumavano tartufi, uova, miele e naturalmente anche aragoste (secondo la tradizione infatti la dea era nata dalla spuma del mare).
Questo finchè non cominciarono a circolare le prime automobili, da quel momento, le più lussuose hanno velocemente conquistato il primo posto tra gli afrodisiaci.


  476     ARIGUSTA      

L'aragosta o arigusta è un crostaceo dei più fini e delicati, comune sulle coste del Mediterraneo. È indizio della freschezza e della buona qualità delle ariguste, degli astaci e de' crostacei in genere, il loro peso in proporzione della grossezza; ma sempre è da preferirsi che siano vivi ancora, o almeno che diano qualche segno di vitalità, nel qual caso si usa ripiegare la coda dell'arigusta alla parte sottostante e legarla avanti di gettarla nell'acqua bollente per cuocerla.
A seconda della sua grossezza fatela bollire dai 30 ai 40 minuti; ma prima aromatizzate l'acqua in cui deve bollire con un mazzetto composto di cipolla, carote, prezzemolo e due foglie d'alloro, aggiungendo a questo due cucchiai di aceto e un pizzico di sale. Lasciate che l'arigusta diacci nel suo brodo e quando la levate, sgrondatela dall'acqua strizzandone la coda e dopo averla asciugata strofinatela con qualche goccia d'olio per renderla lucida.
Mandatela in tavola con una incisione dal capo alla coda per poterne estrarre facilmente la polpa e, se non si volesse mangiare condita semplicemente con olio e agro di limone, accompagnatela con la salsa maionese o con altra salsa piccante; ma potete servirla pur anche con una salsa fatta con lo stesso pesce nel seguente modo:
Levate la polpa della testa e questa tritatela ben fine con un rosso d'uovo assodato e alcune foglie di prezzemolo. Ponete il composto in una salsiera, conditelo con pepe, poco o punto sale e diluitelo con olio fine e l'agro di mezzo limone, o aceto.

477     COTOLETTE DI ARIGUSTA

Prendete un'arigusta del peso di grammi 650 circa, lessatela come è indicato nella ricetta precedente, poi sgusciatela per estrarne tutta la parte interna che triterete all'ingrosso con la lunetta. Fate una besciamella nelle proporzioni e come quella del n. 220 e quando la ritirate dal fuoco gettateci dentro l'arigusta, salatela e dopo aver mescolato bene il composto, versatelo in un piatto e lasciatelo, per qualche ora, raffreddar bene
Quando sarete per formare le cotolette dividete il composto in dieci parti eguali e facendole toccare il pangrattato modellatele fra la palma delle mani alla grossezza un po' più di mezzo dito; tuffatele nell'uovo frullato, panatele ancora e friggetele nell'olio. Delle lunghe corna dell'arigusta fatene dieci pezzi che infilerete nelle cotolette quando le mandate in tavola onde facciano fede della nobile materia di cui le cotolette sono composte. Possono bastare per cinque persone ed è un piatto molto delicato.

  478     CONCHIGLIE RIPIENE    

È un piatto delicato di pesce che può servire per principio a una colazione.
I gusci delle conchiglie marine per quest'uso devono essere, nella parte concava, larghi quanto la palma di una mano onde ognuno, col contenuto suo, possa bastare a una persona. Appartengono al genere Pecten Iacobaeus, Pettine, detto volgarmente cappa santa perché si usava dai pellegrini. La carne di questa conchiglia, buona a mangiarsi, è molto apprezzata pel suo delicato sapore. In qualche casa signorile usansi conchiglie d'argento e allora possono servire anche per gelati, ma in questo caso, trattandosi di pesce, mi sembrano più opportune quelle naturali marine.
Prendete la polpa di un pesce fine lessato, benché possa prestarsi anche il nasello, il muggine e il palombo, e con questa dose, che potrà bastare per riempire sei conchiglie, formate il seguente composto:

Pesce lesso, grammi 130.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Farina, grammi 20.
Burro, grammi 20.
Rossi d'uovo, n. 2.
Latte, decilitri 2 1/2.

Fate una besciamella col latte, il burro e la farina e quando la ritirate dal fuoco uniteci il parmigiano e, non più a bollore, i rossi d'uovo e il pesce tritato, condendolo con sale e pepe. Versatelo nelle conchiglie unte prima col burro diaccio, rosolatelo appena nel forno da campagna e servitelo.
Si potrebbero riempir le conchiglie anche con la polpa del pollo lesso tritato conservando le stesse proporzioni.

479     STORIONE 

Mi permetta il lettore di fare un po' di storia su questo pesce interessantissimo.
Lo storione appartiene all'ordine dei Ganoidi, da Ganus che vuol dire lucente, per la lucentezza delle squame, e al sott'ordine dei Chondrostei per avere lo scheletro cartilagineo. Costituisce la famiglia degli Acipenser che si qualifica appunto per questi due distintivi e per la pelle a cinque serie longitudinali di placche a smalto. È un pesce che ha la bocca posta alla faccia inferiore del capo, priva di denti e in forma di succhiatoio protrattile, con cirri nasali ossia tentacoli, per cercare sotto le acque, nel fango, il nutrimento che pare consista di piccoli animalucci.
Sono animali molto in pregio per le loro carni, per le uova che costituiscono il caviale e per l'enorme vescica natatoria con cui si forma l'ittiocolla o colla di pesce. In primavera rimontano i fiumi per deporre le uova in luoghi tranquilli lungo le sponde.
L'Italia ne alberga diverse specie, la più stimata delle quali, come cibo, è l'Acipenser sturio (storione comune); lo si riconosce pel muso acuto, pel labbro inferiore carnoso e nel mezzo diviso, non che pei cirri nasali semplici e tutti eguali tra loro. Frequenta a preferenza le foci del Ticino e del Po ove, non è gran tempo, ne fu pescato uno che pesava Kg. 215; ma la specie che prende maggior sviluppo è l'Acipenser huso, il quale raggiunge fino a due metri e più di lunghezza, con ovaia grandi un terzo dell'animale, ed è questa particolarmente che somministra il caviale e l'ittiocolla. Il primo è formato dalle uova crude degli storioni, passate per setaccio onde levarne i filamenti che le inviluppano, indi salate e fortemente compresse; la seconda preparasi sulle spiagge del mar Caspio o sulle coste dei fiumi che vi sboccano, ma più che altrove ad Astrachan. Non farà meraviglia la quantità straordinaria che se ne trova in commercio (servendo l'ittiocolla a molti usi) se si considera che talvolta nel Volga si pescano da quindici a ventimila storioni al giorno; e di là, cioè dalle provincie meridionali della Russia, ci viene anche il caviale. Fu annunziato che dei pescatori dei Danubio presero, non ha guari, uno storione del peso di otto quintali e che la spoglia di questo enorme pesce, lungo metri 3,30, figura nel Museo di Vienna.
Fra le specie estinte si annovera il Magadictis, che raggiungeva la lunghezza di 10 a 12 metri.

480     STORIONE IN FRICANDÒ

Lo storione è buono in tutte le maniere: lesso, in umido, in gratella. Quanto all'umido, potete trattarlo nel seguente modo: prendetene un pezzo grosso del peso almeno di grammi 500, spellatelo e steccatelo con lardelli di lardone conditi avanti con sale e pepe; poi legatelo in croce, infarinatelo, mettetelo al fuoco con olio e burro e conditelo ancora con sale e pepe. Quando sarà rosolato da tutte le parti bagnatelo con brodo per tirarlo a cottura e prima di levarlo strizzategli sopra un limone per mandarlo in tavola col suo sugo.


   486     CICALE RIPIENE   

Non crediate che voglia parlarvi delle cicale che cantano su per gli alberi; intendo dire invece di quel crostaceo, squilla (Squilla mantis), tanto comune nell'Adriatico e colà cognito col nome di cannocchia.
È un crostaceo sempre gustoso a mangiarsi; ma migliore assai quando in certi mesi dell'anno, dalla metà di febbraio all'aprile, è più polputo del solito, e racchiude allora un cannello rosso lungo il dorso, detto volgarmente cera o corallo, il quale non è altro che il ricettacolo delle uova di quel pesce. È buono lesso, entra con vantaggio, tagliato a pezzi, nella composizione di un buon cacciucco ed eccellente è in gratella, condito con olio, pepe e sale; se lo aggradite anche più appetitoso, sparatelo lungo il dorso, riempitelo con un battutino di pangrattato, prezzemolo e odore d'aglio e condite tanto il ripieno che il pesce con olio, pepe e sale.

487     CICALE FRITTE      

Alla loro stagione, cioè quando hanno la cera, com'è detto al numero precedente, si possono friggere nel seguente modo e ne merita il conto.
Dopo averle lavate, lessatele in poca acqua, coperte da un pannolino con un peso sopra; 15 minuti di bollitura ritengo siano sufficienti. Sbucciatele dopo cotte e, messa a nudo la polpa, tagliatela in due pezzi, infarinatela, doratela nell'uovo frullato e salato, e friggetela nell'olio.

488      CICALE IN UMIDO       

Se non vi rincresce di adoperare le unghie, d'insudiciarvi le dita e di bucarvi fors'anche le labbra, eccovi un gustoso e piacevole trastullino.
Prima di cuocerle tenete le cicale nell'acqua fresca, che così non iscolano, anzi rigonfiano. Fate un battuto con aglio, prezzemolo e olio; rosolato che sia collocateci le cicale intere e conditele con sale e pepe. Quando avranno preso il condimento bagnatele con sugo di pomodoro o conserva e servitele sopra a fette di pane asciugate al fuoco. Prima di mandarle in tavola fate loro un'incisione con le forbici lungo il dorso per poterle sbucciare più facilmente.

489     SPARNOCCHIE      


Le cicale mi rammentano le sparnocchie che, a prima vista, le rassomigliano; ma esaminato bene questo crostaceo ha la forma di un grosso gambero di mare del peso comunemente di 50 o 60 grammi. È di sapore più delicato dell'arigusta e, come questa, si usa mangiarlo lesso; ma perché non perda sapore meglio è di arrostirlo in gratella, senza condimento alcuno, e dopo sgusciarlo e condirlo con olio, pepe, sale ed agro di limone. Le sparnocchie piccole si possono anche, come i gamberi, infarinare e friggerle così naturali, oppure nel modo indicato per le cicale.

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