cucina,ricette La Cucina Economica: Ricette della mala nella Milano di Giorgio Scerbanenco

lunedì 23 dicembre 2013

Ricette della mala nella Milano di Giorgio Scerbanenco


Ricette della mala nella Milano di Giorgio Scerbanenco. 
E' la Milano raccontata da Giorgio Scerbanenco, una Milano di frontiera, la città della 



mala, fatta di strade che si perdono nella nebbia, e osterie di periferia, i bois, locali bui e fumosi anche conosciuti nel linguaggio malavitoso di allora come sesmilaquindes (seimilaquindici). Erano questi, locali assai poco raccomandabili, i locali dei mariuoli e delle prostitute, dei locch e marlous (delinquenti e protettori), sempre alla caccia insieme alle protette di qualche miscèe o spincin (i signori che le frequentano) o morlacc (contadino con i soldi). Sempre all'erta e pronti a darsela a gambe quando facevano irruzione le forze dell’ordine: i giand di ca’ traversa (carabinieri) o i ciappa ciappa, biss, bracchi (questurini), pronti a metterti le castagnole (manette) o la strengia (più antico sistema di immobilizzo delle braccia e dei polsi) e a sbatterti nella buiosa (prigione). 




Ma cosa si mangiava nei bois? Se la sgajosa (la fame) era tanta e il peltro (il denaro) lo consentiva, si poteva scegliere tra el scaglios (pesce) o la criolfa, la buia (carne). Per il pesce la scelta era quasi obbligata: merluzzo (il merlo), mentre per la carne c’era maggiore scelta. Meglio non indagare troppo sul taglio e sul tipo di animale: trotto (carne equina evidentemente), cornuto o cornuta (toro e vacca), grugnanti (maiali), molto meno probabile malnatt (vitello giovane ) o pasquin pelos (agnello).
E le preparazioni? Un piatto di repubblica (spezzatino con cipolle e patate) o la rostiscianna (anche detta roma - non si sa perché - carne saltata con cipolle). Oppure una porzione di venezia (trippa al sugo). Se la giornata non era stata profittevole si mangiava come un baltrescant (vagabondo): una basla de galba (ciotola di minestra) per far tacere la fame o un piatto freddo di nervosi (nervetti in insalata). Ma qualunque fosse il “budget” destinato al desinare, una parte doveva essere riservata all’alcool: un liter de scabi (un litro di vino) doveva saltar fuori, meglio se di sabaudo (barbera), mentre per gli etilisti incalliti (e danarosi) c’era la furiosa (acquavite). Sennò pazienza, un po’ di ciciliana (acqua corrente )... e te saludi!!


La cucina economica e la ricetta preferita dalla mala milanese, la  cassoeula


Ingredienti per 6
1.500 g. verze
800 g. costine di maiale
250 g. cotenne di maiale pulite, raschiate e lavate
1-2 verzini a persona (ovvero salamini da verza in mancanza o ancora meglio in aggiunta 300 g. luganega o salsiccia)
2 piedini di maiale puliti, raschiati e lavati
1 orecchia di maiale pulita, raschiata e lavata
1 musetto di maiale
1 codino del maiale
200 g. carote
200 g. sedano
100 g. cipolla
50 g. di Burro
1 bicchiere vino bianco secco
brodo di carne
sale e pepe quanto basta

Far bollire per circa un'ora, in una pentola con acqua bollente, i piedini di maiale tagliati a metà, le cotenne e le orecchie.

In un casseruola grande, a fuoco lento, mettere il burro e far soffriggere la cipolla affettata, aggiungere le costine di maiale, l'orecchie e le cotenne tagliate a piccole strisce. Cuocere facendo rosolare bene a fuoco vivace le carni. Aggiungere sedano e carote, versare il vino bianco e farlo sfumare. Aggiungere un mestolo di brodo, mettere il sale (volendo il pepe) e rimescolare il tutto. Mettere il coperchio e lasciare sul fuoco molto basso per almeno un'ora controllando che non si attacchi al fondo (nel caso aggiungere altro brodo).

Intanto pulire la verza, tagliarla a pezzi grossolanamente e cuocerla a fuoco basso in una pentola coperta con pochissima acqua finchè non appassisce (5-10 minuti). Metterla quindi nella casseruola delle carni insieme alla luganega tagliata a pezzi ed ai verzini interi. Mettere il coperchio e far cuocere a fuoco moderato per altri 30 o 45 minuti controllando che non si attacchi al fondo. Provvedere ogni tanto a rimuovere il grasso in superficie.


Servire ben caldo con la polenta e un buon vino rosso mosso ma non abboccato.



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