Pellegrino Artusi, il castagnaccio. Quando vendevano il castagnaccio per due soldi, i monelli non avevano neanche quelli, e si arrangiavano come potevano...
239 PAGNOTTELLE RIPIENE
Nelle
grandi città un bravo cuoco è, a male agguagliare, come un generale d'armata in
un vasto campo ben trincerato con numerose ed agguerrite legioni ove può far
valere tutte le sue prodezze. Le grandi città oltre all'esser sempre ben
provvedute d'ogni grazia di Dio, hanno chi pensa a fornirvi anche le più
piccole cose, le quali, benché di poca importanza, contribuiscono alla varietà,
all'eleganza e alla precisione de' vostri lavori. Così, come vi si trovano
bastoncini di pane che, tagliati a fette, s'infilano nello spiedo cogli
uccelli, vi si fabbricano pagnottelle della grandezza di una mela comune per farle
ripiene.
Raspatene
leggermente la corteccia colla grattugia e fate in mezzo ad ognuna un tassello
rotondo della dimensione di una moneta da 10 centesimi. Vuotatele del midollo
lasciando le pareti all'intorno alquanto grossette. Bagnatele dentro e fuori
con latte bollente e quando saranno discretamente inzuppate chiudetele col loro
tassello, inzuppato anch'esso, immergetele nell'uovo per dorarle e friggetele
nel lardo o nell'olio, ma buttatele in padella dalla parte del coperchio perché
vi resti aderente. Distaccate dopo, colla punta di un temperino, il tassello,
riempitele di un battuto di carne delicato e ben caldo, richiudetele e
mandatele in tavola. Se le fate accuratamente possono benissimo figurare in
qualunque pranzo.
Il
battuto di carne, a pezzetti grossi quanto i ceci, sarà bene farlo con
fegatini, petti di pollo, animelle e cose simili tirate col sugo di carne e
legate con una presa di farina; ma ciò che sarebbe indispensabile, per rendere
il composto più grato, sono i tartufi.
240 MIGLIACCIO DI FARINA DOLCE VOLGARMENTE DETTO
CASTAGNACCIO
Anche
qui non posso frenarmi dal declamare contro la poca inclinazione che abbiamo
noi Italiani all'industria. In alcune province d'Italia non si conosce per
nulla la farina di castagne e credo che nessuno abbia mai tentato d'introdurne
l'uso; eppure pel popolo, e per chi non ha paura della ventosità, è un alimento
poco costoso, sano e nutriente. Interrogai in proposito una rivendugliola in
Romagna descrivendole questo migliaccio e le dimandai perché non tentava di
guadagnare qualche soldo con questo commercio. - Che vuole, mi rispose, è roba
troppo dolce, non la mangerebbe nessuno. - o le cottarone che voi vendete non
sono dolci? eppure hanno dello smercio, diss' io. Provatevi, almeno, soggiunsi;
da principio volgetevi ai ragazzi, datene loro qualche pezzo in regalo per
vedere se cominciassero a gustarlo, e poi dietro ad essi è probabile che a poco
a poco si accostino i grandi. Ebbi un bel dire; fu lo stesso che parlare al
muro.
Le
cottarone, per chi non lo sa, sono mele o pere, per lo più cascaticce, cotte in
forno entro una pentola nella quale si versa un gocciolo d'acqua, coprendone la
bocca con un cencio bagnato. Veniamo ora alla semplicissima fattura di questo
migliaccio.
Prendete
grammi 500 di farina di castagne e siccome questa farina si appasta facilmente
passatela dal setaccio prima di adoperarla per renderla soffice; poi mettetela
in un recipiente e conditela con uno scarso pizzico di sale. Fatto questo,
intridetela con 8 decilitri di acqua diaccia versata a poco per volta onde
ridurla una liquida farinata, in cui getterete un pugno di pinoli interi.
Alcuni aggiungono ai pinoli delle noci a pezzetti, altri anche dell'uva secca
e, sopra, qualche fogliolina di ramerino.
Ora
prendete una teglia ove il migliaccio venga grosso un dito e mezzo all'incirca,
copritene il fondo con un leggero strato d'olio, ed altr' olio, due
cucchiaiate, spargetelo sulla farinata quando è nella teglia. Cuocetelo in
forno o anche in casa fra due fuochi e sformatelo caldo.
Con
questa farinata si possono fare anche delle frittelle.
241 MIGLIACCIO DI FARINA GIALLA I
Questo
è un piatto de' più ordinari, ma non è disgradevole a quelli cui la farina di
granturco piace, e non produce acidi allo stomaco. I bambini poi salteranno
dall'allegrezza se qualche volta la mamma lo darà loro caldo caldo per
colazione nell'inverno.
La
farina gialla è sempre bene che sia macinata piuttosto grossa.
Ponete
in un recipiente qualunque quella quantità di farina di cui volete servirvi,
salatela bene ed intridetela soda con acqua bollente; quando sarà mescolata in
modo che in fondo al vaso non resti farina asciutta, unitevi uva secca o
zibibbo in giusta dose; l'uva secca nostrale è preferibile, in certi casi, allo
zibibbo perché conserva un acidetto che le dà grazia. Prendete una teglia di
rame e mettetela al fuoco con lardo vergine in abbondanza e, quando questo
comincia a grillettare, versate l'impasto, il quale, per averlo intriso
consistente, fa d'uopo distendere e pareggiare col mestolo. Poi spalmatene la
superficie con un altro poco di lardo e rifioritelo con ciocchettine di
ramerino fresco. Cuocetelo al forno o tra due fuochi, fate che rosoli alquanto
e sformatelo. Col detto impasto potete anche far frittelle, ma senza ramerino.
La miglior farina gialla che io abbia sentito è quella d'Arezzo, ove il
granturco viene curato molto e seccato in forno.
242 MIGLIACCIO DI FARINA GIALLA II
Questo
piatto è più signorile del precedente.
Farina
di granturco, grammi 300.
Zibibbo
o uva secca, grammi 100.
Strutto,
grammi 40.
Pinoli,
grammi 30.
Zucchero,
tre cucchiaini.
All'uva
levate i semi, i pinoli tagliateli in due parti per traverso. La teglia
ungetela collo strutto e infarinatela. Pel resto regolatevi come per
l'antecedente.
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