cucina,ricette La Cucina Economica: Pellegrino Artusi, il castagnaccio

domenica 8 dicembre 2013

Pellegrino Artusi, il castagnaccio


Pellegrino Artusi, il castagnaccio. Quando vendevano il castagnaccio per due soldi, i monelli non avevano neanche quelli, e si arrangiavano come potevano...


239  PAGNOTTELLE RIPIENE

Nelle grandi città un bravo cuoco è, a male agguagliare, come un generale d'armata in un vasto campo ben trincerato con numerose ed agguerrite legioni ove può far valere tutte le sue prodezze. Le grandi città oltre all'esser sempre ben provvedute d'ogni grazia di Dio, hanno chi pensa a fornirvi anche le più piccole cose, le quali, benché di poca importanza, contribuiscono alla varietà, all'eleganza e alla precisione de' vostri lavori. Così, come vi si trovano bastoncini di pane che, tagliati a fette, s'infilano nello spiedo cogli uccelli, vi si fabbricano pagnottelle della grandezza di una mela comune per farle ripiene.
Raspatene leggermente la corteccia colla grattugia e fate in mezzo ad ognuna un tassello rotondo della dimensione di una moneta da 10 centesimi. Vuotatele del midollo lasciando le pareti all'intorno alquanto grossette. Bagnatele dentro e fuori con latte bollente e quando saranno discretamente inzuppate chiudetele col loro tassello, inzuppato anch'esso, immergetele nell'uovo per dorarle e friggetele nel lardo o nell'olio, ma buttatele in padella dalla parte del coperchio perché vi resti aderente. Distaccate dopo, colla punta di un temperino, il tassello, riempitele di un battuto di carne delicato e ben caldo, richiudetele e mandatele in tavola. Se le fate accuratamente possono benissimo figurare in qualunque pranzo.
Il battuto di carne, a pezzetti grossi quanto i ceci, sarà bene farlo con fegatini, petti di pollo, animelle e cose simili tirate col sugo di carne e legate con una presa di farina; ma ciò che sarebbe indispensabile, per rendere il composto più grato, sono i tartufi.

240  MIGLIACCIO DI FARINA DOLCE VOLGARMENTE DETTO CASTAGNACCIO

Anche qui non posso frenarmi dal declamare contro la poca inclinazione che abbiamo noi Italiani all'industria. In alcune province d'Italia non si conosce per nulla la farina di castagne e credo che nessuno abbia mai tentato d'introdurne l'uso; eppure pel popolo, e per chi non ha paura della ventosità, è un alimento poco costoso, sano e nutriente. Interrogai in proposito una rivendugliola in Romagna descrivendole questo migliaccio e le dimandai perché non tentava di guadagnare qualche soldo con questo commercio. - Che vuole, mi rispose, è roba troppo dolce, non la mangerebbe nessuno. - o le cottarone che voi vendete non sono dolci? eppure hanno dello smercio, diss' io. Provatevi, almeno, soggiunsi; da principio volgetevi ai ragazzi, datene loro qualche pezzo in regalo per vedere se cominciassero a gustarlo, e poi dietro ad essi è probabile che a poco a poco si accostino i grandi. Ebbi un bel dire; fu lo stesso che parlare al muro.
Le cottarone, per chi non lo sa, sono mele o pere, per lo più cascaticce, cotte in forno entro una pentola nella quale si versa un gocciolo d'acqua, coprendone la bocca con un cencio bagnato. Veniamo ora alla semplicissima fattura di questo migliaccio.
Prendete grammi 500 di farina di castagne e siccome questa farina si appasta facilmente passatela dal setaccio prima di adoperarla per renderla soffice; poi mettetela in un recipiente e conditela con uno scarso pizzico di sale. Fatto questo, intridetela con 8 decilitri di acqua diaccia versata a poco per volta onde ridurla una liquida farinata, in cui getterete un pugno di pinoli interi. Alcuni aggiungono ai pinoli delle noci a pezzetti, altri anche dell'uva secca e, sopra, qualche fogliolina di ramerino.
Ora prendete una teglia ove il migliaccio venga grosso un dito e mezzo all'incirca, copritene il fondo con un leggero strato d'olio, ed altr' olio, due cucchiaiate, spargetelo sulla farinata quando è nella teglia. Cuocetelo in forno o anche in casa fra due fuochi e sformatelo caldo.
Con questa farinata si possono fare anche delle frittelle.

241  MIGLIACCIO DI FARINA GIALLA I

Questo è un piatto de' più ordinari, ma non è disgradevole a quelli cui la farina di granturco piace, e non produce acidi allo stomaco. I bambini poi salteranno dall'allegrezza se qualche volta la mamma lo darà loro caldo caldo per colazione nell'inverno.
La farina gialla è sempre bene che sia macinata piuttosto grossa.
Ponete in un recipiente qualunque quella quantità di farina di cui volete servirvi, salatela bene ed intridetela soda con acqua bollente; quando sarà mescolata in modo che in fondo al vaso non resti farina asciutta, unitevi uva secca o zibibbo in giusta dose; l'uva secca nostrale è preferibile, in certi casi, allo zibibbo perché conserva un acidetto che le dà grazia. Prendete una teglia di rame e mettetela al fuoco con lardo vergine in abbondanza e, quando questo comincia a grillettare, versate l'impasto, il quale, per averlo intriso consistente, fa d'uopo distendere e pareggiare col mestolo. Poi spalmatene la superficie con un altro poco di lardo e rifioritelo con ciocchettine di ramerino fresco. Cuocetelo al forno o tra due fuochi, fate che rosoli alquanto e sformatelo. Col detto impasto potete anche far frittelle, ma senza ramerino. La miglior farina gialla che io abbia sentito è quella d'Arezzo, ove il granturco viene curato molto e seccato in forno.

242  MIGLIACCIO DI FARINA GIALLA II

Questo piatto è più signorile del precedente.

Farina di granturco, grammi 300.
Zibibbo o uva secca, grammi 100.
Strutto, grammi 40.
Pinoli, grammi 30.
Zucchero, tre cucchiaini.


All'uva levate i semi, i pinoli tagliateli in due parti per traverso. La teglia ungetela collo strutto e infarinatela. Pel resto regolatevi come per l'antecedente.

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