cucina,ricette La Cucina Economica: La bella storia di Jean Michel Carasso

lunedì 16 settembre 2013

La bella storia di Jean Michel Carasso


Jean Michel Carasso è molto conosciuto ovunque per la sua cucina multietnica, è stato un anticipatore del gusto verso cucine provenienti da tutto il mondo.


Sono le sue origini così particolari che lo hanno formato e la sua irresistibile golosità verso i cibi e gli alimenti più diversi. Jean Michel è nato in Africa, dove ha vissuto fino a 16 anni, da padre proveniente da una famiglia ebrea dell’impero ottomano, nato a Salonicco è poi immigrato a Parigi. Madre nata a Parigi nel ghetto da una famiglia russa emigrata alla fine dell’800, quindi già in famiglia si mescolavano universi e abitudini alimentari differenti. E’ vissuto a Parigi fino alla fine degli studi universitari e dalla fine degli anni 70 a  Firenze dove ha sviluppato la sua passione per la cucina multietnica e l’attività di cuoco professionale gestendo le cucine di diversi e apprezzati locali e ristoranti.

‘La mia storia di cuoco è fondamentalmente la storia di un goloso, con una madre che cucinava molto male, quindi velocemente ho imparato a soddisfare le mie esigenze, ma, curioso, ho anche cominciato a cercare, indagare, carpire, i segreti della cucina in una Parigi, che già allora offriva i piatti delle cucine di tutto il mondo. Poi nel 1979 sono arrivato a Firenze, avevo lasciato Parigi per farmi una nuova vita altrove e lì ho trovato, quasi per caso, il mio primo lavoro serio in un locale “alternativo” molto frequentato che si chiamava  “La Stazione di Zima”, dove cucinavo ogni sera per oltre 200 persone, era un locale molto particolare, nel senso che aveva deciso di offrire piatti multietnici, nel 1981 in una Firenze dove esistevano soltanto, se ricordo bene, due ristoranti cinesi. Non l’avevo mai fatto da professionista ma mi sono buttato. Siamo stati grandi anticipatori, facevamo chili con carne, zighinì eritreo,  il couscous di vari tipi; c’erano piatti sudamericani, piatti curdi e chiamavo  anche dei “nativi” di molti paesi, studenti o lavoratori immigrati a cucinare i loro piatti insieme a me. Per me è stata una grande scuola. Ho imparato strada facendo e ancora non ho finito.

Dopo la Stazione di Zima ho lavorato in molti altri locali dove si proponeva la mia cucina, quella che amavo, straniera. Successivamente  ho aperto un ristorante che si chiamava Gauguin, non volevo chiamarlo vegetariano, in quegli anni quando dicevi ristorante vegetariano la gente ti guardava un po’ storto, quindi l’ho chiamato “ristorante creativo mediterraneo senza carne né pesce”. Lì ho proposto la prima cucina “fusion”, come si dice ora, cioè un misto di cucina italiana, occidentale, esotica e multietnica creando appositamente la maggior parte dei piatti. 

Negli anni ’80 non tutti gli ingredienti erano reperibili. Infatti per diversi anni mi sono fatto mandare una buona quantità di ingredienti direttamente dall’estero, da Parigi fondamentalmente, che visitavo spesso e da cui  tornavo con valige e zaini pieni di spezie, di semola di couscous, di erbe. Il resto arrivava da Roma, da Milano, da Londra, da dove potevo farmi mandare gli ingredienti me li facevo mandare. Comunque  trovavo delle cose particolari anche a Firenze, dove per esempio esiste un’importante “colonia di “greci”, che non sono greci ma italiani di Grecia rimpatriati dopo la guerra dopo avere vissuto lì per molto tempo. Quella comunità viveva  intorno a Piazza Dalmazia, parlava greco e vendeva praticamente sotto banco ingredienti greci: formaggio feta, pasta fillo,  taramà, lokum , halvà, erbe greche, origano greco eccetera, e le donne mi facevano i dolci orientali tradizionali su ordinazione, e questo mio legame con la Grecia è un’altra storia che racconterò alla prossima occasione.


Una mia grande passione sono i libri di cucina, li raccolgo in tutte le lingue, perché ho la fortuna di parlarne sei, e decifro ricette anche nelle lingue che non parlo, basta non siano scritte in cirillico o in caratteri arabi o asiatici. Non mi lancio mai nella realizzazione di una ricetta che non conosco prima di averla letta almeno in 4 o 5 versioni,  per  capire appunto quali sono le variazioni, quali sono le sfumature, chi mette di più di questo, chi mette di più di quello, e poi alla fine faccio quella che mi sembra una sintesi del piatto e se mi soddisfa la conservo e diventa la mia ricetta come questa che La cucina economica riporta integralmente, Pollo con pomodoro e miele degli ebrei marocchini, piatto tipico degli ebrei del Marocco, che amano molto (come tutti i sefarditi) mescolare il dolce con il salato’.

Ingredienti per 4 persone
1 bel pollo tagliato in 12 pezzi
2 cipolle bianche tritate o grattate
500g di polpa di pomodoro di qualità
2 cucchiai da minestra di miele (preferibilmente di fior d’arancio o limone)
2 stecche di cannella o 1 cucchiaino da caffè di cannella in polvere
3cm di radice di zenzero (ginger) grattato
1 bustina di zafferano in polvere
2 etti di mandorle pelate tritate
Sale e pepe
Olio d’oliva extravergine

Esecuzione
Fare “fondere” la cipolla in olio in tegame.
Aggiungere il pomodoro e tutti gli altri ingredienti, più un mezzo bicchiere d’acqua calda, e lasciare cuocere la salsa per una ventina di minuti buoni.
Aggiungere il pollo, che deve essere immerso nella salsa, aggiungere sale e pepe e coprire il tegame il più ermeticamente possibile e lasciare cuocere a fuoco basso per almeno 40 minuti.

Verificare che sia ben cotto il pollo e servire, accompagnato con riso pilaf allo zafferano (tradizionale…) o altro a seconda dei vostri gusti (semola di cuscus, bulghur o perché no: polenta…)





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