Jean
Michel Carasso è molto conosciuto ovunque per la sua cucina multietnica, è
stato un anticipatore del gusto verso cucine provenienti da tutto il mondo.
Sono le sue origini così particolari che lo hanno formato e la sua
irresistibile golosità verso i cibi e gli alimenti più diversi. Jean Michel è
nato in Africa, dove ha vissuto fino a 16 anni, da padre proveniente da una
famiglia ebrea dell’impero ottomano, nato a Salonicco è poi immigrato a Parigi.
Madre nata a Parigi nel ghetto da una famiglia russa emigrata alla fine
dell’800, quindi già in famiglia si mescolavano universi e abitudini alimentari
differenti. E’ vissuto a Parigi fino alla fine degli studi universitari e dalla
fine degli anni 70 a Firenze dove ha sviluppato
la sua passione per la cucina multietnica e l’attività di cuoco professionale
gestendo le cucine di diversi e apprezzati locali e ristoranti.
‘La
mia storia di cuoco è fondamentalmente la storia di un goloso, con una madre
che cucinava molto male, quindi velocemente ho imparato a soddisfare le mie
esigenze, ma, curioso, ho anche cominciato a cercare, indagare, carpire, i
segreti della cucina in una Parigi, che già allora offriva i piatti delle
cucine di tutto il mondo. Poi nel 1979 sono arrivato a Firenze, avevo lasciato
Parigi per farmi una nuova vita altrove e lì ho trovato, quasi per caso, il mio
primo lavoro serio in un locale “alternativo” molto frequentato che si
chiamava “La Stazione di Zima”, dove cucinavo ogni sera per oltre 200
persone, era un locale molto particolare, nel senso che aveva deciso di offrire
piatti multietnici, nel 1981 in una Firenze dove esistevano soltanto, se
ricordo bene, due ristoranti cinesi. Non l’avevo mai fatto da professionista ma
mi sono buttato. Siamo stati grandi anticipatori, facevamo chili con carne,
zighinì eritreo, il couscous di vari
tipi; c’erano piatti sudamericani, piatti curdi e chiamavo anche dei “nativi” di molti paesi, studenti o
lavoratori immigrati a cucinare i loro piatti insieme a me. Per me è stata una
grande scuola. Ho imparato strada facendo e ancora non ho finito.
Dopo
la Stazione di Zima ho lavorato in molti altri locali dove si proponeva la mia
cucina, quella che amavo, straniera. Successivamente ho aperto un ristorante che si chiamava Gauguin, non volevo chiamarlo vegetariano, in quegli anni quando
dicevi ristorante vegetariano la gente ti guardava un po’ storto, quindi l’ho
chiamato “ristorante creativo mediterraneo senza carne né pesce”. Lì ho proposto
la prima cucina “fusion”, come si dice ora, cioè un misto di cucina italiana,
occidentale, esotica e multietnica creando appositamente la maggior parte dei
piatti.
Negli
anni ’80 non tutti gli ingredienti erano reperibili. Infatti per diversi anni
mi sono fatto mandare una buona quantità di ingredienti direttamente dall’estero,
da Parigi fondamentalmente, che visitavo spesso e da cui tornavo con valige e zaini pieni di spezie, di
semola di couscous, di erbe. Il resto arrivava da Roma, da Milano, da Londra,
da dove potevo farmi mandare gli ingredienti me li facevo mandare. Comunque trovavo delle cose particolari anche a
Firenze, dove per esempio esiste un’importante “colonia di “greci”, che non sono greci ma italiani di Grecia
rimpatriati dopo la guerra dopo avere vissuto lì per molto tempo. Quella
comunità viveva intorno a Piazza
Dalmazia, parlava greco e vendeva praticamente sotto banco ingredienti greci:
formaggio feta, pasta fillo, taramà,
lokum , halvà, erbe greche, origano greco eccetera, e le donne mi facevano i
dolci orientali tradizionali su ordinazione, e questo mio legame con la Grecia
è un’altra storia che racconterò alla prossima occasione.
Una
mia grande passione sono i libri di cucina, li raccolgo in tutte le lingue,
perché ho la fortuna di parlarne sei, e decifro ricette anche nelle lingue che
non parlo, basta non siano scritte in cirillico o in caratteri arabi o
asiatici. Non mi lancio mai nella realizzazione di una ricetta che non conosco
prima di averla letta almeno in 4 o 5 versioni,
per capire appunto quali sono le
variazioni, quali sono le sfumature, chi mette di più di questo, chi mette di
più di quello, e poi alla fine faccio quella che mi sembra una sintesi del
piatto e se mi soddisfa la conservo e diventa la mia ricetta come questa che La
cucina economica riporta integralmente, Pollo con pomodoro e
miele degli ebrei marocchini,
piatto tipico degli ebrei del Marocco, che amano molto (come tutti i sefarditi)
mescolare il dolce con il salato’.
Ingredienti per 4 persone
1
bel pollo tagliato in 12 pezzi
2
cipolle bianche tritate o grattate
500g
di polpa di pomodoro di qualità
2
cucchiai da minestra di miele (preferibilmente di fior d’arancio o limone)
2
stecche di cannella o 1 cucchiaino da caffè di cannella in polvere
3cm
di radice di zenzero (ginger) grattato
1
bustina di zafferano in polvere
2
etti di mandorle pelate tritate
Sale
e pepe
Olio
d’oliva extravergine
Esecuzione
Fare
“fondere” la cipolla in olio in tegame.
Aggiungere
il pomodoro e tutti gli altri ingredienti, più un mezzo bicchiere d’acqua
calda, e lasciare cuocere la salsa per una ventina di minuti buoni.
Aggiungere
il pollo, che deve essere immerso nella salsa, aggiungere sale e pepe e coprire
il tegame il più ermeticamente possibile e lasciare cuocere a fuoco basso per
almeno 40 minuti.
Verificare
che sia ben cotto il pollo e servire, accompagnato con riso pilaf allo
zafferano (tradizionale…) o altro a seconda dei vostri gusti (semola di cuscus,
bulghur o perché no: polenta…)
Grazie di cuore!
RispondiElimina:)
JM.
Grazie a te, perchè con le tue ricette ci fai viaggiare e sognare.
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