Casa Gusto è un'azienda italiana ricca di storia di famiglia e di tradizione, fondata da padre e figlio squadra Salvatore e Stefano.
Stefano e Salvatore, padre e figlio, il primo con oltre 35 anni di esperienza maturata nell'industria alimentare italiana, e il figlio col palato allenato da una sana cucina familiare, si sono concentrati su prodotti alimentari di qualità che rispecchiano i sapori, lo stile e l'unicità di ogni regione d'Italia. Per la distribuzione in Australia dei prodotto selezionati, sotto un'unica insegna, hanno studiato un logo che richiama la tradizione di cucina domestica ed un packaging retrò, molto accattivante, sul tema del circo.
Ed ecco che le confezioni di oli extra vergini selezionati si aprono su tendoni circensi, ballerine e acrobati......giocolieri ed elefanti addestrati, la buona acqua delle nostre Alpi fa gioire in baffuto uomo forzuto, impercettibilmente effeminato nella calzamaglia rigata. Rivedete il prodotti, le news e le ricette consigliate direttamente a Casa Gusto.
Adesso le carovane sono comode abitazioni, un tempo non c’erano tutte queste comodità e la vita si svolgeva nei “campini” alla stregua delle roulotte dei campeggiatori estivi, nei camion riadattati o in vecchie corriere trasformate, pochi avevano le carovane di legno costruite appositamente e quando il tempo era brutto la vita non era semplice in spazi ridotti. Una delle risorse era la “cucina”: un camion con il necessario per la cottura dei cibi ed un grande tavolo che si allarga e chiude in base alle necessità. L’abitudine, anche nell’ottica di un risparmio, era di mangiare tutti insieme: i genitori con i figli e le figlie, i rispettivi consorti e nipoti. Il sistema era molto pratico, specialmente nei giorni di viaggio, di pianto e spianto del circo.
Le donne andavano a fare la spesa e cucinavano per tutti, poi quando si gridava “è pronto” arrivavano gli altri, gli uomini con i bambini seduti e le donne in piedi a servire e continuare a preparare. Non sempre il tavolo era sufficiente per tutti contemporaneamente, così qualcuno mangiava in fretta e si alzava per lasciare il posto ad altri. In alcune famiglie non si faceva caso se i piatti erano “scompagnati”, frutto di diversi acquisti ed altrettante rotture, così pure per la mancanza di coltelli: troppo spesso la cucina era fornitrice alla compagnia di attrezzi per tagliare, avvitare, fare leva, coltelli che poi rimanevano in qua e là e mancavano sul tavolo o vi ritornavano storti e piegati. Alcune donne avevano l’accortezza di nascondere i coltelli che servivano alla cucina.
La spesa è una necessità quotidiana anche perché gli spazi per fare un po’ di dispensa non sono molti, il frigorifero è sempre a rischio di energia: quando si viaggia è spento e all’arrivo c’è da aspettare di piazzare la carovana, stendere l’impianto elettrico che fornisca energia ad ogni abitazione, poi c’è il tempo, a volte interminabile, perché arrivi la squadra della ditta appaltatrice che deve provvedere all’allaccio. La spesa segue dunque i ritmi del viaggio.
La spesa è una necessità quotidiana anche perché gli spazi per fare un po’ di dispensa non sono molti, il frigorifero è sempre a rischio di energia: quando si viaggia è spento e all’arrivo c’è da aspettare di piazzare la carovana, stendere l’impianto elettrico che fornisca energia ad ogni abitazione, poi c’è il tempo, a volte interminabile, perché arrivi la squadra della ditta appaltatrice che deve provvedere all’allaccio. La spesa segue dunque i ritmi del viaggio.
La tavola è sempre un fatto festoso ed occasione per parlare dei lavori da fare, le cose da cambiare, o per aggiornarsi sugli avvenimenti della famiglia, le telefonate ricevute, le notizie di “radio circo”. Anche se a tavola è piacevole starci, quando ci si siede bisogna cominciare a mangiare, non c’è la pazienza di aspettare che la pasta sia scolata e condita ed è per questo che la parte principale del pasto diventa l’antipasto; pane, salumi e formaggi sono già pronti sulla tavola, poi arrivano grandi piatti con fette di pomodoro condite con il tonno e uova sode, od una serie di salse o “bagne” da stendere sul pane: maionese, tonno e piselli mescolati insieme oppure sottaceti sminuzzati in salsa di pomodoro, e così via secondo quello che è rimasto in frigo e che la fantasia delle donne riutilizza. A volte, quando capita, sono i fondi dei salumi ad essere protagonisti ed animare la tavola perché devono essere tagliati, spellati, manipolati. La calma arriva con la pasta sempre diversa; i secondi, in genere passano ormai in secondo piano.
Per le feste rimane il gusto di pranzare insieme, in mezzo alla pista del circo si tirano fuori tavoli e tovaglie e ogni famiglia porta la sua propria specialità, ma in estate si accende il fuoco, allora sono le salcicce e le costine e gli uomini, che si trasformano in cuochi, a fare da padrone.
Per le feste rimane il gusto di pranzare insieme, in mezzo alla pista del circo si tirano fuori tavoli e tovaglie e ogni famiglia porta la sua propria specialità, ma in estate si accende il fuoco, allora sono le salcicce e le costine e gli uomini, che si trasformano in cuochi, a fare da padrone.
La cucina economica ha scovato tra i ricordi del circo la ricetta degli gnocchi alla sinta
Una delle specialità che si stanno dimenticando sono gli “gnocchi alla sinta”.
Viene fatta una specie di pastella con farina, latte e uova che dal piatto viene colata nella pentola con l’acqua salata bollente, lentamente e tagliandola sul bordo del piatto con un coltello, gli gnocchi si rapprendono e cuociono; qualcuno, per semplicità (o perché si è perduta la manualità del confezionamento) usa un cucchiaino per raccogliere la pastella e versarla nella pentola.
Gli gnocchi si raccolgono con una schiumarola e vengono conditi con un sugo di carne. Per dir la verità la ricetta richiederebbe un sugo fatto con la gallina, e se si volesse tener fede al nome del piatto bisognerebbe che la gallina fosse rubata, ma questo non lo fa nessuno forse anche perché i pollai sono diventati una rarità.
Il sugo di gallina è complicato e richiede molto tempo, che oggi è difficile trovare.
Si prende una bella gallina vecchia, si lava, si fiammeggia per togliere le piumette rimaste e si taglia a pezzi, avendo cura di non spezzare le ossa.
Le ali e la groppa si mettono in un pentolino con carota, sedano e cipolla e si prepara un brodo.
Intanto si prepara un battuto fine con carote, cipolla, aglio, sedano, porri (qualcuno aggiunge anche pochissima salvia e rosmarino) che si fa stufare con un po’ di pancetta (si può sostituire con una salsiccia), facendo attenzione che non rosoli troppo, girandolo spesso, e facendo riassorbire lavorando con un cucchiaio di legno quel poco che via via si attacca al fondo. Questa operazione permette di dare sapore alle verdure senza farle imbiondire né asciugare troppo.
In un altro recipiente si fa rosolare la gallina con un po’ di olio, aggiungendo al momento un bicchiere di vino finché la carne diventa sufficientemente tenera in modo da poter separare la carne dalle ossa e dalle cartilagini (non è necessario che sia del tutto cotta). La carne disossata viene tritata con un buon coltello ed aggiunta allo stufato di verdure e si finisce di cuocere facendosi aiutare con un po’ di brodo preparato in precedenza facendola sobbollire a lungo. L’occhio ci dirà quando il sugo è pronto.
Il brodo può essere usato per cuocere gli gnocchi.
Attenzione all’uso dell’olio perché la gallina è già piuttosto grassa.
Viene fatta una specie di pastella con farina, latte e uova che dal piatto viene colata nella pentola con l’acqua salata bollente, lentamente e tagliandola sul bordo del piatto con un coltello, gli gnocchi si rapprendono e cuociono; qualcuno, per semplicità (o perché si è perduta la manualità del confezionamento) usa un cucchiaino per raccogliere la pastella e versarla nella pentola.
Gli gnocchi si raccolgono con una schiumarola e vengono conditi con un sugo di carne. Per dir la verità la ricetta richiederebbe un sugo fatto con la gallina, e se si volesse tener fede al nome del piatto bisognerebbe che la gallina fosse rubata, ma questo non lo fa nessuno forse anche perché i pollai sono diventati una rarità.
Il sugo di gallina è complicato e richiede molto tempo, che oggi è difficile trovare.
Si prende una bella gallina vecchia, si lava, si fiammeggia per togliere le piumette rimaste e si taglia a pezzi, avendo cura di non spezzare le ossa.
Le ali e la groppa si mettono in un pentolino con carota, sedano e cipolla e si prepara un brodo.
Intanto si prepara un battuto fine con carote, cipolla, aglio, sedano, porri (qualcuno aggiunge anche pochissima salvia e rosmarino) che si fa stufare con un po’ di pancetta (si può sostituire con una salsiccia), facendo attenzione che non rosoli troppo, girandolo spesso, e facendo riassorbire lavorando con un cucchiaio di legno quel poco che via via si attacca al fondo. Questa operazione permette di dare sapore alle verdure senza farle imbiondire né asciugare troppo.
In un altro recipiente si fa rosolare la gallina con un po’ di olio, aggiungendo al momento un bicchiere di vino finché la carne diventa sufficientemente tenera in modo da poter separare la carne dalle ossa e dalle cartilagini (non è necessario che sia del tutto cotta). La carne disossata viene tritata con un buon coltello ed aggiunta allo stufato di verdure e si finisce di cuocere facendosi aiutare con un po’ di brodo preparato in precedenza facendola sobbollire a lungo. L’occhio ci dirà quando il sugo è pronto.
Il brodo può essere usato per cuocere gli gnocchi.
Attenzione all’uso dell’olio perché la gallina è già piuttosto grassa.
Si ringrazia Luciano Cantini per i ricordi del circo
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